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Fernández Martínez c. Spagna, N. 56030/07, Corte EDU (Grande Camera), 12 giugno 2014

Data
12/06/2014
Tipologia Sentenza
Numerazione 56030/07

Abstract

Prete cattolico insegnante di religione, coniugato civilmente, padre di cinque figli e sostenitore di un movimento di opposizione alla dottrina della Chiesa. Mancato rinnovo del contratto in una scuola statale. Non violazione dell’articolo 8 della CEDU.

Riferimenti normativi

Art. 8 CEDU
Art. 9 CEDU
Art. 11 CEDU

Massima

1. "Vita privata" è un termine ampio, non suscettibile di definizione esaustiva. Sarebbe troppo restrittivo limitare la nozione di "vita privata" a una "cerchia ristretta" in cui l'individuo può vivere la propria vita personale come preferisce ed escludere da essa del tutto il mondo esterno non racchiuso in quel cerchio. Pertanto, non vi è alcun motivo di principio per cui la nozione di "vita privata" debba escludere le attività professionali. Le restrizioni alla vita professionale di un individuo possono rientrare nell'ambito dell’articolo 8 quando hanno ripercussioni sul modo in cui questi costruisca la propria identità sociale sviluppando relazioni con gli altri. Inoltre, la vita professionale è spesso strettamente collegata alla vita privata, soprattutto se i fattori relativi alla vita privata, nel senso stretto del termine, sono considerati criteri qualificanti per una data professione.

2. Quando la Corte è chiamata a pronunciarsi su un conflitto tra due diritti ugualmente tutelati dalla Convenzione, come il diritto del ricorrente alla sua vita privata e familiare, da un lato, e il diritto delle organizzazioni religiose all'autonomia, dall’altro, deve bilanciare gli interessi in gioco. Lo Stato è chiamato a garantire entrambi i diritti e, se la protezione di uno di essi porta ad un'interferenza con l'altro, a scegliere mezzi adeguati a rendere tale ingerenza proporzionata allo scopo perseguito. In questo contesto, la Corte riconosce che lo Stato abbia un ampio margine di apprezzamento.

3. In ragione della loro autonomia, le comunità religiose possono esigere un certo grado di lealtà da coloro che lavorano per esse o che le rappresentano. La natura del posto occupato da tali persone è un elemento di cui è importante tenere conto nel valutare la proporzionalità di una misura restrittiva adottata dallo Stato o dall'organizzazione religiosa interessata. In particolare, la mansione specifica assegnata a un individuo in un'organizzazione religiosa è un elemento decisivo per determinare se a quello possa essere richiesto un più intenso obbligo di lealtà.
(Il ricorrente, un prete cattolico, ricopriva l’incarico di insegnante di religione in una scuola statale. In attesa di essere dispensato dall’impedimento del celibato, l’uomo aveva contratto matrimonio civile, allietato dalla nascita di cinque figli. Il successivo rescritto pontificio, recante il provvedimento di dispensa, chiariva che l’istante non potesse più insegnare la religione cattolica negli istituti pubblici, salvo che il vescovo competente non decidesse altrimenti, verificando l’assenza di “scandalo”. Il contratto annuale dell’insegnante non era quindi stato, in seguito, rinnovato. La Corte ritiene che le autorità statali abbiano correttamente bilanciato il diritto alla vita privata e familiare del ricorrente e il diritto della Chiesa alla propria autonomia)

Note

La Corte rileva che, a differenza delle fattispecie che avevano caratterizzato alcuni casi precedenti (Siebenhaar, Schüth e Obst, tutti contro la Germania), in cui i ricorrenti erano impiegati dalle rispettive Chiese, il ricorrente nel caso di specie, come tutti gli insegnanti di religione in Spagna, era assunto e retribuito dallo Stato. Tuttavia, tale aspetto - afferma la Corte - non è tale da inficiare la portata dell’obbligo di lealtà imposto al ricorrente di fronte alla Chiesa cattolica, né le misure che quest'ultima è legittimata ad adottare nel caso di una violazione di tale obbligo.