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Corte costituzionale italiana, N. 69/2025, 22 maggio 2025

Corte costituzionale italiana, N. 69/2025, 22 maggio 2025

Con la recente sentenza, la Corte Costituzionale italiana torna a pronunciarsi sui requisiti di accesso alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) e sul diritto all’autodeterminazione nelle procedure medicali idonee a generare filiazione.

La Consulta non ha accolto il giudizio di legittimità promosso dal Tribunale di Firenze nel 2024, in quanto spetta al legislatore, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, modificare il dettato normativo in materia e consentire a questa categoria di persone di accedere alla PMA. Non è stata riscontrata la violazione degli artt. 2, 3, 13, 32 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, nonché agli artt. 3, 7, 9 e 35 CDFUE.

Nonostante, la Corte abbia provveduto a dichiarare illegittime le norme sull’adozione internazionale che non consentivano di adottare minori stranieri da parte di persone italiane singole, in virtù dell’autodeterminazione orientata alla genitorialità, ha individuato un limite al diritto ogniqualvolta viene in rilievo una procedura medica di riproduzione artificiale. L’art. 5 l. 19 febbraio 2004, n. 40 consente alle persone in coppia, entrambe viventi, di diverso genere, conviventi o coniugate, che versano in una condizione di sterilità o infertilità o sane ma affette da malattie geneticamente trasmissibili, in età potenzialmente fertile di accedere ai percorsi di PMA presso le cliniche pubbliche o private autorizzate sul territorio nazionale. Nonostante la recente riforma della disciplina mediante il DDL Varchi, l’intervento ha inciso esclusivamente sull’estensione della punibilità anche all’estero del reato di cui all’art. 12 co. 6 l.n. 40/2004, nella parte in cui punisce la surrogazione della maternità realizzata da cittadini italiani all’estero. Dunque, non sono stati realizzati gli interventi strutturali volti a riformare la disciplina, pure auspicati dalla stessa Corte a più riprese.

Per queste ragioni, restano validi ed efficaci i requisiti soggettivi tratteggiati dall’art. 5 l.n. 40/2004. In accordo con l’argomentare della Consulta, le limitazioni di cui alla norma menzionata sono fondate sul principio di precauzione. Sicché nell’incertezza scientifica relativa alle conseguenze di una maternità da persona singola che accede alla PMA, è il legislatore a dover modificare la disciplina in oggetto.

A nulla rileva che la Consulta abbia dichiarato illegittima la stessa legge nella parte in cui non consente alle persone singole sopravvissute alla morte del partner o del marito di proseguire i trattamenti di fecondazione artificiale, ogniqualvolta l’embrione è stato prodotto prima della morte dell’uomo. Infatti, la legge vigente in Italia trova applicazione per le persone affette da una condizione di sterilità o infertilità patologica e non fisiologica o strutturale o sociale come le persone singole che non hanno un partner con cui accedere alla PMA.

 

(Commento di Stefania Pia Perrino)