Corte costituzionale italiana, N. 115/2025, 21 luglio 2025

La Corte Costituzionale italiana, con la sentenza n. 115 del 21 luglio 2025, segna un nuovo approdo evolutivo nel panorama giuridico italiano dedicato alla filiazione, alla genitorialità e, più in generale, al pluralismo delle configurazioni familiari.
La Consulta ha riscontrato la violazione del principio di uguaglianza, sancito dall’art. 3 della Costituzione, e per questo ha dichiarato illegittimo l’art. 27-bis del d.Lgs. n. 151/2001, nella parte in cui la disposizione non riconosceva il congedo di paternità anche alla madre intenzionale in coppie di donne iscritte come genitori nei registri di stato civile.
L’art. 27-bis d.lgs. 151/2001 consente al padre lavoratore di assentarsi dal lavoro per un periodo di massimo dieci giorni, con la possibilità di conseguire un’indennità pari all’intera retribuzione, in un arco temporale che va da due mesi prima a cinque mesi dopo il parto. L’obiettivo di questa previsione normativa è quello di garantire un’equa ripartizione dei compiti genitoriali e favorire un legame precoce tra genitore e figlio. Tuttavia, la disciplina non ha subito alcuna riforma all’esito delle evoluzioni normative, giurisprudenziali e sociali che hanno consentito all’ordinamento di conoscere e riconoscere una pluralità di modelli familiari differenti. Sicché la previsione non considera la genitorialità sociale e la posizione della madre d’intenzione. Sicché escludere la madre intenzionale da questo beneficio crea un’ingiustificata disparità rispetto al padre nelle coppie eterosessuali, atteso che in entrambe le tipologie di coppie emergono le medesime esigenze, ossia l’assunzione della responsabilità genitoriali, la necessità di tempo adeguato al neonato (anche rimodulando l’orario di lavoro) e la promozione di una relazione stabile con il figlio.
Il riconoscimento giuridico dello status di genitore per i componenti di una coppia dello stesso sesso avviene tramite l’iscrizione nei registri di stato civile: ciò include la trascrizione di atti di nascita formati all’estero con l’indicazione di due madri, provvedimenti stranieri di adozione piena da parte di due donne, o adozione in casi particolari per la madre intenzionale ex art. 44, co. 1, lett. d), l. n. 184/1983. In tutti questi casi, la madre sociale ha assunto volontariamente e consapevolmente la responsabilità procreativa e genitoriale, condividendo l’impegno di cura e responsabilità con la propria compagna o unita civilmente, nei confronti del nuovo nato. Il vincolo genitoriale, pertanto, origina dalla c.d. volontà procreativa o dall’autodeterminazione orientata alla genitorialità che conduce alla successiva assunzione di responsabilità genitoriale. In capo alla coppia che “ha condiviso il progetto di genitorialità”, così, si instaurano quei doveri funzionali ad assicurare il preminente interesse del minore (come anche ricordato nella recente sentenza n. 68 del 2025).
La Corte ha osservato che, pur distinguendo in astratto i ruoli di madre gestazionale e di padre, pure nelle coppie di donne si possono riconoscere due figure genitoriali equivalenti: la madre biologica e la madre intenzionale. Entrambe devono avere il tempo e le risorse necessarie per la cura del bambino. È quindi irragionevole non estendere alla madre intenzionale lo stesso congedo obbligatorio previsto per il padre.
(Commento di Stefania Pia Perrino)