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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Commissione c. Austria, C-328/20, CGUE (Seconda Sezione), 16 giugno 2022

Commissione c. Austria, C-328/20, CGUE (Seconda Sezione), 16 giugno 2022

Il 16 giugno 2022, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata su un ricorso per inadempimento promosso dalla Commissione Europea contro l’Austria per violazione del regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (Regolamento UE n. 883/2004).

L’Austria aveva istituito un meccanismo di adeguamento per calcolare l'importo forfettario degli assegni familiari e di altri vantaggi fiscali per i lavoratori i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro, ove l’adeguamento poteva avvenire al rialzo o al ribasso in funzione del livello generale dei prezzi nello Stato membro interessato.

 

Con la pronuncia in esame, la Corte di Giustizia constata, anzitutto, che gli assegni familiari e il credito d'imposta per figli a carico costituiscono prestazioni familiari che non sono soggette ad alcuna riduzione o modifica per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello che concede dette prestazioni. Il regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale esige, infatti, una rigorosa equivalenza tra gli importi delle prestazioni familiari erogate da uno Stato membro ai lavoratori i cui familiari risiedono in tale Stato membro e ai lavoratori i cui familiari risiedono in un altro Stato membro.

Inoltre, la Corte ricorda che il diritto dell'Unione vieta qualsiasi discriminazione, in materia di sicurezza sociale, fondata sulla cittadinanza dei lavoratori migranti. Mentre il sistema austriaco, applicandosi soltanto in caso di residenza del figlio al di fuori del territorio nazionale, incide essenzialmente sui lavoratori migranti, in quanto è probabile che siano più in particolare i loro figli a risiedere in un altro Stato membro.

Inoltre, poiché la grande maggioranza dei lavoratori migranti è originaria di Stati membri in cui il costo della vita è inferiore a quello in Austria, essi percepiscono prestazioni e vantaggi di importo inferiore rispetto a quello concesso ai lavoratori austriaci. Di conseguenza, tale meccanismo di adeguamento costituisce una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza che, in ogni caso, non è giustificata. I lavoratori migranti, infatti, partecipano allo stesso modo di un lavoratore nazionale alla determinazione e al finanziamento dei contributi alla base degli assegni familiari e dei vantaggi fiscali senza che sia preso in considerazione al riguardo il luogo di residenza dei loro figli.

 

La normativa austriaca costituisce, dunque, ad avviso della Corte di Lussemburgo, una violazione una violazione del regolamento relativo regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale nonché della libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione.

 

(Commento a cura di Nadia Spadaro)