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Lilliendahl c. Islanda, N. 29297/18, Corte EDU (Seconda Sezione), 11 giugno 2020

Abstract

Nessuna violazione del diritto alla libertà di espressione derivante da condanna per incitamento all’odio omofobico contenuto nei commenti ad un articolo di giornale online.

Riferimenti normativi

Art. 10 CEDU

Massima

1. La Corte ha costantemente affermato che la libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti di una società democratica, nonché una delle condizioni basilari per il suo progresso e per la realizzazione personale di ciascun individuo. Fatto salvo il paragrafo 2 dell’articolo 10, la libertà di espressione è garantita in riferimento non solo alle ‘informazioni’ o alle ‘idee’ favorevolmente accolte o comunque percepite come inoffensive o del tutto indifferenti, ma anche quelle che offendono, scioccano o disturbano. Sono queste le esigenze di pluralismo, tolleranza ed apertura mentale senza le quali non esiste una ‘società democratica’. Come sancito dall’articolo 10, la libertà di espressione è soggetta ad eccezioni che devono, tuttavia, essere interpretate restrittivamente e la necessità di ciascuna di esse deve essere stabilita in modo convincente.

2. ‘Incitamento all’odio’, secondo l’interpretazione data dalla giurisprudenza della Corte, si riferisce a due categorie. La prima categoria comprende le forme più gravi di ‘incitamento all’odio’, che la Corte ha considerato rientrare nella portata dell’articolo 17 e che, quindi, ha escluso completamente dalla protezione dell’articolo 10. La seconda categoria include forme ‘meno gravi’ di ‘incitamento all’odio’, che la Corte ha ritenuto non ricadere del tutto al di fuori dell’ambito dell’articolo 10, potendo, quindi, essere soggette a restrizioni da parte degli Stati contraenti.
(La Corte suprema islandese aveva condannato il ricorrente per aver pubblicato dei commenti di tenore diffamatorio e denigratorio nei riguardi delle persone omosessuali sotto ad un articolo di notizie online che riportava la decisione del consiglio municipale di rafforzare le iniziative di educazione in tema di orientamento sessuale ed identità di genere nelle scuole elementari e secondarie. Il ricorrente lamentava ex articolo 10 che la condanna inflittagli aveva violato la propria libertà di espressione. La Corte non riscontrava alcuna violazione della disposizione, ritenendo, invece, che l’interferenza non fosse eccessiva o non necessaria in una società democratica).