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M.F. c. Ungheria, N. 45855/12, Corte EDU (Quarta Sezione), 31 ottobre 2017

Abstract

Divieto di trattamenti inumani e degradanti. Comportamenti violenti da parte degli agenti di polizia. Divieto di discriminazione. Obbligo di svolgere indagini effettive in ordine al movente razzista di aggressioni e comportamenti violenti. Onere della prova. 

Riferimenti normativi

Art. 3 CEDU 
Art. 14 CEDU

Massima

1. Il mancato svolgimento di un’indagine effettiva in ordine alle violenze perpetrate dagli agenti di polizia non comporta necessariamente l’onere per lo Stato convenuto di provare che tali condotte non erano determinate da pregiudizi etnici o razziali. In caso contrario, il Governo dovrebbe dimostrare sempre l’assenza di un particolare atteggiamento soggettivo da parte del soggetto responsabile delle presunte condotte discriminatorie (caso in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Ungheria per la violazione dell’art. 3 CEDU, sotto il profilo procedurale, mentre ha escluso che il movente razzista delle violenze degli agenti di polizia fosse stato provato al di là di ogni ragionevole dubbio). 
2. Poiché nella pratica risulta spesso estremamente difficile stabilire se l’odio o il pregiudizio etnico abbiano avuto un ruolo causale negli eventi, l’obbligo dello Stato convenuto di svolgere indagini effettive costituisce un’obbligazione di mezzi e non di risultato: le autorità nazionali devono fare tutto ciò che è ragionevole nelle circostanze per raccogliere e mettere in sicurezza le prove, esplorare tutti i mezzi pratici per scoprire la verità e fornire decisioni pienamente ragionate, imparziali e obiettive, senza omettere fatti sospetti che possano essere indicativi di una violenza motivata dal pregiudizio razziale.

Note

In motivazione, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha precisato che trattare gli atti di violenza e crudeltà determinati dal pregiudizio etnico allo stesso modo dei casi privi di connotazioni razziste equivarrebbe ad ignorare la natura specifica di tali condotte, che risultano particolarmente distruttive per i diritti umani fondamentali. La Corte di Strasburgo ha fatto riferimento, in particolare, al documento intitolato Prosecuting Hate Crimes – A Practical Guide, pubblicato dall’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).