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Sakik e Altri c. Turchia, Nn. 23878/94 e altri 5, Corte EDU (Camera), 26 novembre 1997

Abstract

Necessario rispetto delle garanzie di cui all’art. 5 CEDU nel condurre indagini su fatti di terrorismo. Deroga alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in caso di stato d’urgenza. Ambito di applicazione territoriale di una deroga in caso di stato d’urgenza.

Riferimenti normativi

Art. 5 CEDU
Art. 15 CEDU

Massima

1. L'estensione degli effetti di una deroga in caso di stato d’urgenza a territori non esplicitamente indicati nell'avviso della stessa è in contrasto con quanto disposto dall’art. 15 CEDU, giacché le deroghe alla Convenzione sono consentite solamente “nella stretta misura in cui la situazione lo richieda”. In conseguenza, le misure derogatorie potranno essere applicate esclusivamente nelle aree in cui è stato proclamato uno stato di emergenza.
(Nel caso di specie, i ricorrenti, presunti terroristi, lamentavano la violazione dell’art. 5 CEDU rispetto al loro arresto e la detenzione eseguiti dalle autorità turche nella città di Ankara. Il Governo opponeva la sussistenza in Turchia di uno stato d’urgenza ex art. 15 CEDU, circostanza ritenuta idonea ad escludere la violazione della Convenzione. I giudici di Strasburgo rilevano, però, che la città di Ankara non figurava tra i territori in cui lo stato d’urgenza era stato proclamato, con la conseguenza che non poteva parlarsi di legittime misure di deroga alla Convenzione in riferimento ai fatti portati all’attenzione della Corte).

2. Nonostante i particolari problemi posti alle autorità nazionali dalle indagini aventi ad oggetto fatti di terrorismo, gli Stati contraenti non possono ignorare le garanzie sancite dall’art. 5 CEDU nell’attuare misure privative della libertà personale, non essendo svincolati dal sindacato delle corti nazionali e, in ultima istanza, dal controllo delle istituzioni adibite a vigilare sul rispetto della Convenzione.
(Nel caso di specie, i ricorrenti, sei ex membri dell’Assemblea nazionale turca, arrestati e detenuti in quanto sospettati di collusione con il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), denunciano la violazione dell’art. 5, par. 3 CEDU, non essendo stati tempestivamente tradotti davanti all’autorità giudiziaria. Rilevano inoltre la violazione dei paragrafi 4 e 5 della stessa norma, non avendo potuto ottenere la valutazione giudiziale della legittimità della loro detenzione e in considerazione dell’assenza, nell’ordinamento interno, di ricorsi effettivi volti a conseguire una riparazione in caso di violazione dell’art. 5 CEDU).