Logo law and pluralism
Logo Università Bicocca

Vajnai c. Ungheria, N. 33629/06, Corte EDU (Seconda Sezione), 8 luglio 2008

Abstract

Condanna penale per aver indossato un simbolo totalitario fuorilegge durante una manifestazione politica.

Riferimenti normativi

Art. 10 CEDU

Massima

1. Quando la libertà di espressione viene esercitata sotto forma di discorso politico, eventuali limitazioni sono giustificate soltanto nella misura in cui sussista un bisogno sociale chiaro, pressante e specifico. Di conseguenza, è necessario prestare la massima attenzione nell’applicare eventuali restrizioni, soprattutto laddove la fattispecie concreta riguardi simboli forieri di molteplici significati.

2. Soltanto attraverso un esame accurato del contesto nel quale le parole offensive vengano pronunciate è possibile delineare una distinzione significativa tra un linguaggio scioccante e offensivo protetto ai sensi dell’articolo 10 della Convenzione ed un linguaggio che, viceversa, perde il proprio diritto ad essere tollerato all’interno di una società democratica.

3. L’ostensione di un simbolo che già aveva trovato diffusione durante i regimi comunisti è suscettibile di creare disagio tra le vittime di tali regimi e i loro congiunti. Tali sentimenti tuttavia, per quanto comprensibili, non possono di per sé delineare i confini della libertà di espressione.

4. Per quanto concerne l’obiettivo di impedire eventuale disordini, il contenimento di un pericolo meramente ipotetico quale misura preventiva per la protezione della democrazia non può essere considerato una risposta ad un bisogno sociale urgente.

5. Un sistema giuridico che applichi restrizioni ai diritti umani al fine di soddisfare le esigenze dettate dall’opinione pubblica non può essere considerato idoneo a soddisfare le esigenze sociali pressanti riconosciute all’interno di una società democratica: sostenere il contrario equivarrebbe ad assoggettare la libertà di parola e di opinione al veto del disturbatore.

(Nel caso di specie, il vicepresidente di un partito politico di sinistra era stato condannato dalle autorità ungheresi per aver indossato una stella rossa sulla propria giacca, in occasione di una manifestazione autorizzata, in forza di una legge che prevedeva come reato la diffusione, l’utilizzo in pubblico o l’esposizione di simboli considerati “totalitari”. Secondo la Corte, la condanna del richiedente per il mero fatto di aver indossato tale simbolo non può essere considerato una risposta ad un bisogno sociale pressante e, pertanto, integra una violazione dell’articolo 10 della Convenzione).

Note

Secondo la Corte, il ricorso non costituisce un abuso dei diritti ai sensi dell'articolo 17 della Convenzione per tre motivi. In primis, non è stato dimostrato che il ricorrente avesse manifestato disprezzo per le vittime di un regime totalitario, né fosse appartenuto ad alcun gruppo con ambizioni totalitarie o fosse coinvolto in alcuna forma di propaganda razzista. In secondo luogo, sebbene le violazioni di massa dei diritti umani commesse sotto il comunismo ne abbiano screditato il valore simbolico, la stella rossa rappresenta ancora oggi il movimento internazionale dei lavoratori nonché taluni partiti politici leciti in diversi Stati membri. In terzo luogo, il governo ungherese non ha dimostrato che indossare la stella rossa equivalesse esclusivamente a promuovere una pericolosa propaganda totalitaria.