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Kervanci c. Francia, N. 31645/04, Corte EDU (Quinta Sezione), 4 marzo 2009

Data
04/03/2009
Tipologia Sentenza
Numerazione 31645/04

Abstract

Il provvedimento disciplinare di espulsione dalla scuola per reiterato rifiuto della studentessa di togliere il velo durante le ore di educazione fisica non viola l’art. 9 della CEDU né l’art. 2 del primo Protocollo addizionale della CEDU. 

Riferimenti normativi

Art. 9 CEDU
Art. 2 Prot. 1 CEDU

Massima

1. Il termine legge a cui si riferisce l’art 9 comma 2 della CEDU, quale presupposto per qualunque limitazione della libertà di manifestazione della propria religione non deve essere inteso in senso formale, vale a dire come un testo votato dal parlamento, ma in senso materiale. Qualsiasi prescrizione di natura generale e impersonale, purché sia ​​accessibile, comprensibile e consenta ai cittadini di conoscere ragionevolmente le conseguenze di un atto specifico, può quindi essere qualificata come legge ai sensi della CEDU.

2. Esigenze di sicurezza individuale o collettiva sono finalità che legittimamente possono giustificare la limitazione della libertà di manifestazione della propria religione e, pertanto, la scelta operata dalle autorità scolastiche nazionali di vietare di indossare il velo durante le ore di educazione fisica per ragioni di igiene e sicurezza deve ritenersi ragionevole.   

3. Il diritto all'istruzione non esclude in linea di principio il ricorso a misure disciplinari, compresa l'esclusione temporanea o permanente da un istituto di istruzione al fine di garantire il rispetto delle norme interne degli istituti. Uno dei processi attraverso i quali la scuola si impegna a raggiungere lo scopo per il quale è stata creata, incluso lo sviluppo e la definizione del carattere e della mente degli studenti, è l'applicazione di misure disciplinari. Per quanto riguarda la scelta delle autorità scolastiche nazionali di applicare la sanzione disciplinare più grave della espulsione, quando si tratta di stabilire le modalità e i mezzi per garantire il rispetto delle norme interne, non è compito della Corte sostituire la propria visione a quella delle autorità disciplinari che, essendo in contatto diretto e continuo con la comunità educativa, si trovavano nella posizione migliore per valutare esigenze e condizioni o requisiti delle specifiche attività educative. 

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