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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Zemmour c. Francia, N. 63539/2019, CtEDU (Quinta Sezione), 20 dicembre 2022

Zemmour c. Francia, N. 63539/2019, CtEDU (Quinta Sezione), 20 dicembre 2022

La Corte europea dei diritti dell’uomo è tornata ad occuparsi in una recente pronuncia della sottoposizione a procedimento penale e della conseguente condanna di un giornalista per istigazione alla discriminazione e all’odio religioso, in relazione ad alcune dichiarazioni da quello proferite durante un programma televisivo nei confronti della comunità musulmana francese.

 

La Corte ha respinto l'eccezione preliminare che il Governo francese aveva formulato ai sensi dell'articolo 17 della CEDU (divieto di abuso di diritto), ma si è comunque servita di quella disposizione come ausilio interpretativo dell'articolo 10 al fine di valutare se la limitazione denunciata dal ricorrente fosse da ritenersi necessaria in una società democratica.

Al pari dei giudici interni, la Corte ha sottolineato che le dichiarazioni del ricorrente avevano contenuto espressioni offensive e discriminatorie tali da determinare una spaccatura tra i francesi e la comunità musulmana nel suo insieme. Pertanto, alle autorità nazionali doveva ritenersi riservato, nel caso di specie, un ampio margine di apprezzamento.

Ancora, la Corte ha osservato che le dichiarazioni erano state rese nel corso di una diretta televisiva in prima serata e che il ricorrente, sebbene stesse parlando nella fattispecie nella sua qualità autore, non potesse considerarsi esente “dai doveri e dalle responsabilità” del giornalista. La Corte ritiene che le sue osservazioni non si siano limitate a una critica dell’Islam, ma che, al contrario, con il pretesto della minaccia terroristica di matrice jihadista che affliggeva il Paese, abbiano perseguito una finalità discriminatoria, intesa ad invitare gli spettatori a rifiutare ed escludere la comunità musulmana.

La Corte ha concluso che le ragioni in ​​base alle quali i giudici francesi avevano condannato il ricorrente a una sanzione pecuniaria, peraltro di importo non eccessivo, siano state sufficienti e pertinenti. Il Giudice di Strasburgo ha ritenuto che la limitazione del diritto del ricorrente alla libertà di espressione sia stata necessaria in una società democratica per proteggere i diritti di altri consociati, che erano stati esposti a una significativa forma di offesa. In definitiva, la Corte ha escluso una violazione dell’articolo 10 della Convenzione.

 

(Commento a cura di Andrea Cesarini)