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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Vavřička e Altri c. Repubblica Ceca, Nn. 47621/13 e 5 altri, Corte EDU (Grande Camera), 8 aprile 2021

Vavřička e Altri c. Repubblica Ceca, Nn. 47621/13 e 5 altri, Corte EDU (Grande Camera), 8 aprile 2021

La Grande Camera della Corte EDU si è pronunciata contro la Repubblica Ceca su alcuni ricorsi pendenti dal 2013, ritenendo compatibile con la Convenzione l’imposizione della vaccinazione obbligatoria contro nove malattie infettive pediatriche.

I ricorrenti, in particolare, erano stati sanzionati per non aver adempiuto all’obbligo vaccinale nei confronti dei loro figli, con l’irrogazione di una multa e la conseguente esclusione dei bambini dalla scuola. Tali misure erano stabilite dalla legge ceca n. 258 del 2000 (Public Health Protection Act, “Zákon o ochraně veřejného zdraví”) e dalla legge n. 200 del 1990 (Minor Offences Act, “Zákon o přestupcích”).

La Grande Camera ha verificato la compatibilità delle misure nazionali con l’Art. 8 CEDU, che tutela la vita privata, esplicando il test di proporzionalità previsto al paragrafo 2 della disposizione.

La Corte ha constatato come, da una parte, l’obbligo vaccinale costituisca un’interferenza con la vita privata ma che, dall’altra parte, nel caso in esame tale interferenza sia prevista per legge (prescribed by law). Inoltre, ha accertato che la misura persegue un duplice scopo legittimo (legitimate aim), quello di tutelare la salute sia nella sua dimensione individuale sia nella sua dimensione collettiva di interesse pubblico. Infine, ha constatato che l’obbligo vaccinale rappresenta una necessità sociale impellente (pressing social need): il Governo ha dimostrato che, se la vaccinazione diventasse una procedura semplicemente raccomandata, e non più obbligatoria, un calo del tasso di vaccinazione comporterebbe un serio rischio per la salute individuale e pubblica.

La Corte, dunque, ha ritenuto non sproporzionato imporre di accettare la vaccinazione a coloro per i quali essa rappresenta un rischio remoto per la salute. Anzi, questa misura protettiva universalmente praticata è da inscriversi all’interno dei doveri di solidarietà sociale, per il bene del piccolo numero di bambini vulnerabili che non possono beneficiare della vaccinazione (par. 306).

Per quanto riguarda l’Art. 9 CEDU, infine, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che l’istituto dell’obiezione di coscienza non sia applicabile al caso in esame, per la mancanza dei requisiti di sufficiente cogenza, serietà, coesione e importanza. Nel caso del ricorrente Vavřička, in particolare, gli aspetti filosofici o religiosi a sostegno dell’obiezione risultavano del tutto secondari, addotti solo tardivamente e in nessun modo sostanziati da elementi concreti (par. 330 e ss.).

 

(Commento a cura di Tania Pagotto)