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Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Tingarov e altri c. Bulgaria, N. 42286/21, Corte EDU (Terza Sezione), 10 ottobre 2023

Tingarov e altri c. Bulgaria, N. 42286/21, Corte EDU (Terza Sezione), 10 ottobre 2023

Recentemente, la Corte europea dei diritti dell’Uomo (Corte EDU), con il caso Tingarov e altri c. Bulgaria, è tornata a pronunciarsi su di un tema alquanto delicato e che già aveva visto, nel 2016, la condanna della Bulgaria (Kulinski e Sabev c. Bulgaria), in ragione della sospensione del diritto di voto (attivo e passivo) per i soggetti condannati ad una pena detentiva, in violazione del diritto a libere elezioni, sancito dall’articolo 3 del Primo Protocollo alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

 

Nel caso di specie, i ricorrenti, otto detenuti del carcere di Pazardhik, in Bulgaria, tutti condannati a scontare una pena detentiva, lamentavano l’impossibilità di poter esercitare il proprio diritto di elettorato attivo per le elezioni parlamentari tenutesi il 4 aprile 2021 e l’11 luglio 2021, dal momento che l’articolo 42 della Costituzione priva del diritto elettorale coloro che stanno scontando una pena detentiva in carcere, così come sancito dalla legge elettorale del 2014. Alla luce di questa situazione, i ricorrenti, sottoposti a pene detentive, ritenevano violato il loro diritto di voto, riconosciuto dall’articolo 3 del Primo Protocollo ala CEDU, da parte della Costituzione e della legge elettorale bulgara.

 

La Corte EDU ha specificato che, al fine di garantire la protezione dell'articolo 3 del Protocollo n. 1, gli Stati contraenti possono decidere di lasciare ai tribunali il compito di determinare la proporzionalità di una misura che limita il diritto di voto dei detenuti condannati, oppure di inserire nelle loro leggi disposizioni che definiscano le circostanze in cui tale misura dovrebbe essere applicata. In quest'ultimo caso, spetterà al legislatore stesso bilanciare gli interessi in competizione per evitare qualsiasi restrizione generale, automatica e indiscriminata. La Corte riteneva che, nel caso di specie, le disposizioni costituzionali e legislative in questione non adeguano il divieto di voto alle circostanze del caso specifico, alla gravità del reato o alla condotta del reo. Circa l'argomentazione del Governo secondo cui gli Stati godono di un ampio margine di apprezzamento per quanto riguarda il diritto di voto delle persone, la Corte riconosceva, già in precedenti sentenze, che tale margine esiste ma che non è onnicomprensivo. Una restrizione generale, automatica e indiscriminata del diritto protetto dall'articolo 3 del Protocollo n. 1 deve essere considerata al di fuori di qualsiasi margine di apprezzamento accettabile, per quanto ampio possa essere tale margine in questo campo.

Per questi motivi, i giudici della Corte EDU hanno concluso che la sospensione del diritto di elettorato attivo per i soggetti condannati a scontare una pena detentiva in carcere, operata sia dalla Costituzione che dalla legge elettorale, è, in ragione del suo carattere generalizzato, incompatibile con l’articolo 3 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU, riscontrandone così una violazione da parte della Bulgaria.