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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Sy c. Italia, N. 11791/20, Corte EDU (Prima Sezione), 24 gennaio 2022

Sy c. Italia, N. 11791/20, Corte EDU (Prima Sezione), 24 gennaio 2022

La Corte EDU si è pronunciata sul diritto ad essere liber* da trattamenti inumani e degradanti in un caso riguardante una persona detenuta in carcere ordinario, affetta da disturbo bipolare e disturbo della personalità. In Sy v. Italia, il ricorrente contestava che la detenzione continuata in regime ordinario, nonostante le decisioni delle corti domestiche che avevano ordinato il suo trasferimento in una Residenza Esecuzione Misure di Sicurezza (REMS), costituisse una forma di trattamento inumano e degradante, alla luce delle sue condizioni di salute mentale. La Corte ha riscontrato che la violazione da parte dello Stato italiano del divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell’articolo 3 CEDU.

 

In particolare, la Corte ha sottolineato che l’articolo 3 impone allo Stato di assicurare che ogni detenut* si trovi in condizioni di reclusione conformi al rispetto della dignità umana. Ciò implica che le pene debbano essere eseguite garantendo i bisogni concreti del* detenut*, nonché la sua salute ed il suo benessere, inclusi le cure ed i trattamenti medici necessari (paragrafo 77). La Corte ha, inoltre, sostenuto che, nel caso di specie, la detenzione in carcere ordinario era stata incompatibile con la malattia mentale dell’imputato, dal momento che la stessa reclusione ne aveva acuito le condizioni di salute e gli aveva impedito di accedere al piano terapeutico di cui necessitava. Le corti interne, la Corte EDU ha notato, avevano già evidenziato tale incompatibilità in una serie di decisioni chiare ad inequivoche, che erano state, però, ignorate dalle istituzioni locali. Infatti, il dipartimento amministrativo del carcere aveva ripetutamente inviato delle richieste di ammissione alla REMS, che erano state rifiutate. Le autorità domestiche non si erano poi adoprate per trovare una soluzione alternativa, come, per esempio, la creazione di nuovi posti nella REMS.

 

Pertanto, nel corso dei due anni di reclusione ordinaria, il ricorrente era stato privato di qualsiasi cura medica volta tanto a far fronte ai suoi problemi di salute mentale già esistenti quanto a prevenirne l’aggravamento. Tale condotta costituiva trattamento inumano e degradante e, quindi, una violazione dell’articolo 3.

 

(Commento a cura di Giovanna Gilleri)