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Shlosberg c. Russia, N. 32648/22, Corte EDU (Terza Sezione), 3 settembre 2024

Shlosberg c. Russia, N. 32648/22, Corte EDU (Terza Sezione), 3 settembre 2024

Il caso Shlosberg v. Russia della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) rappresenta un significativo esempio di come, in contesti politici complessi, il diritto elettorale possa essere utilizzato come strumento per escludere oppositori politici, ponendo così in crisi uno dei principi fondamentali della democrazia, cioè quello della partecipazione.

Il caso prende le mosse dalla vicenda di Lev Markovich Shlosberg, politico russo di opposizione, che ha partecipato nel gennaio 2021 a una manifestazione a sostegno di Navalny, per la quale è stato multato per aver organizzato un evento pubblico non autorizzato. Successivamente, nel luglio 2021 ha avanzato la sua candidatura in vista delle elezioni per la Duma di Stato (Camera bassa del sistema legislativo della Federazione russa). Tuttavia, un candidato rivale ha impugnato la decisione della Commissione elettorale che accettava la sua candidatura, sostenendo che Shlosberg era coinvolto nel “Quartier generale di Navalny”, dichiarato organizzazione estremista e, quindi, vietata dal Tribunale di Mosca. Nell’agosto 2021, il Tribunale ha accolto il ricorso, ritenendo che Shlosberg fosse coinvolto nell’organizzazione di eventi pubblici non autorizzati e avesse espresso sostegno a tali attività online, configurando così il suo coinvolgimento in un’organizzazione estremista. Nonostante vari ricorsi, la decisione è stata confermata e Shlosberg è stato cancellato dalle liste elettorali.

Esperiti i rimedi interni, Shlosberg si è rivolto alla Corte EDU, la quale ha rilevato che le decisioni dei tribunali russi di escludere il ricorrente dalle elezioni si fondava (esclusivamente) sul sostegno che questi aveva manifestato nei confronti di Navalny, partecipando a una manifestazione e incoraggiando altri a fare altrettanto. La Corte ha ribadito che la libertà di riunione pacifica rappresenta un diritto fondamentale tutelato dall’articolo 11 (libertà di riunione e associazione) della Convenzione e che, in precedenza, aveva già stabilito in altre sentenze che la condanna di un soggetto per aver esercitato questo diritto violava palesemente l’articolo 11 (cfr. sentenza del 27 giugno 2024, ricorso n. 52263/21). Pertanto, l’esercizio del diritto alla libertà di riunione pacifica sancito dalla Convenzione non può giustificare alcuna sanzione, inclusa l’ineleggibilità al Parlamento. Tale motivo è stato considerato arbitrario. Questa valutazione assume maggiore rilevanza poiché l’azione contestata al ricorrente consisteva semplicemente nell’incoraggiare altre persone a partecipare alla manifestazione. Di conseguenza, la Corte EDU ha concluso che l’ineleggibilità del ricorrente, sebbene formalmente conforme alla normativa nazionale, si basava su motivi arbitrari, accertando così una violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 1 della Convenzione.

La vicenda si intreccia con la libertà di riunione pacifica, diritto fondamentale garantito dall’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti umani. Shlosberg aveva partecipato a una manifestazione pubblica a sostegno di Navalny e aveva incoraggiato altri a fare lo stesso, azioni che rientrano pienamente nell’esercizio di tale diritto. Tuttavia, le autorità russe hanno interpretato queste attività come coinvolgimento in un’organizzazione “estremista”, usando tale motivazione per disqualificarlo dalla competizione elettorale.

La Corte EDU ha chiaramente affermato che l’esercizio pacifico del diritto di riunione non può giustificare alcuna sanzione, men che meno l’esclusione dalle elezioni. Questa decisione è di cruciale importanza perché sottolinea che qualsiasi misura che limiti il diritto di partecipare alla vita politica deve essere proporzionata e non arbitraria. Nel caso in esame, sebbene la disqualifica fosse formalmente conforme alla normativa interna, la Corte l’ha giudicata arbitraria, poiché basata esclusivamente sulla partecipazione a una manifestazione pacifica e sul sostegno politico, aspetti tutelati dalla Convenzione.

Il giudizio della Corte riflette una tutela stringente dei diritti politici e civili in un contesto in cui la libertà di espressione e di associazione rischiano di essere compromesse da interventi autoritari. La sentenza conferma che la partecipazione a manifestazioni pacifiche non può essere stigmatizzata come attività “estremista” se non vi sono prove concrete di azioni violente o illegali. Inoltre, evidenzia come la qualificazione di un’organizzazione come “estremista” non possa essere usata indiscriminatamente per sopprimere il dissenso politico.

In sintesi, il caso Shlosberg conferma il ruolo essenziale della Corte europea come baluardo contro l’arbitrio politico e sottolinea la necessità di garantire elezioni libere e competitive, senza discriminazioni basate su opinioni politiche o attività pacifiche di protesta.

 

(Commento di Edin Skrebo)