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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Sassi e Benchellali c. Francia, Nn. 10917/15 e 10941/15, Corte EDU (Quinta Sezione), 25 novembre 2021

Sassi e Benchellali c. Francia, Nn.  10917/15 e 10941/15, Corte EDU (Quinta Sezione), 25 novembre 2021

La Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata sul caso di due ricorrenti, cittadini francesi, i quali erano stati condannati per reati di stampo terroristico in Francia, dopo essere stati detenuti nella base navale statunitense a Guantánamo Bay a partire dal gennaio 2002, con rimpatrio nel luglio 2004. I ricorrenti lamentavano che la Francia avesse violato il loro diritto ad un equo processo, garantito dall’art. 6 CEDU, in quanto le corti francesi, nel condannarli, si erano ampiamente basate su affermazioni da loro fatte durante il periodo di detenzione a Guantánamo. In quel contesto, ai ricorrenti avevano fatto più volte visita le autorità francesi nel corso delle c.d. missioni tripartite. Tali missioni tripartite vedevano recarsi a Guantánamo un rappresentante del Ministero degli Esteri, uno dell’Agenzia per la Sicurezza Esterna e uno dell’intelligence francese. Una volta rimpatriati in Francia, i ricorrenti furono arrestati e sottoposti a detenzione cautelare, poi processati dinanzi alle competenti corti penali.

 

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che non vi fosse stata alcuna violazione dei diritti dei ricorrenti scaturenti dall’art. 6 CEDU, poiché i procedimenti penali svoltisi in Francia potevano dirsi, nel complesso, equi.

 

In primo luogo, la Corte, confermando quanto era già stato rilevato dalle corti francesi, ha affermato che le c.d. missioni tripartite avessero una natura totalmente amministrativa, e nulla avessero a che fare con eventuali procedimenti penali che si svolgessero in parallelo o in un momento successivo.

 

In secondo luogo, la Corte ha notato che, in Francia, i ricorrenti erano stati sentiti diverse volte dalla polizia durante la custodia cautelare. Non vi era nessun elemento che dimostrasse che gli ufficiali di polizia francesi fossero a conoscenza delle affermazioni dei ricorrenti a Guantánamo, cosa che costituiva informazione di intelligence. Inoltre, i ricorrenti erano stati interrogati diverse volte anche dalle autorità giudiziarie procedenti, con l’assistenza dei propri avvocati e con la possibilità di presentare i propri argomenti, avanzare le proprie richieste ed avvalersi di qualsiasi strumento processuali messo a disposizione dal diritto francese.

 

In terzo luogo, la Corte ha osservato che, ad ogni modo, le affermazioni fatte dai detenuti a Guantánamo erano state declassificate e ammesse come prova, pertanto, se fossero state utilizzate, sul punto avrebbe potuto esserci un contradditorio fra le parti.

 

Da ultimo, la Corte ha fatto notare che, in ogni caso, le condanne erano state basate, in larga parte, su prove raccolte in modo diverso rispetto a quelle ottenute a Guantánamo.

 

(Commento a cura di Chiara Graziani)