Paparrigopoulos c. Grecia, N. 61657/16, Corte Edu (Sez. I), 30 giugno 2022

La Corte Europea dei Diritto dell’Uomo con sentenza del 30 giugno 2022 n. 61657/16, nel caso Paparrigopoulos c. Grecia, si è pronunciata su un caso riguardante un procedimento per l'accertamento giudiziale della paternità della figlia del ricorrente. Quest’ultimo si lamentava in particolare che il diritto interno non gli avesse dato la possibilità di riconoscere volontariamente la sua paternità e che ciò avesse avuto come conseguenza la limitazione della responsabilità genitoriale nei confronti della figlia.
Il ricorrente era stato convenuto in giudizio da una donna, con cui aveva avuto una relazione, al fine di accertare la sua paternità nei confronti della minore. Nel corso del giudizio, il ricorrente aveva affermato che avrebbe riconosciuto la sua paternità della bambina davanti a un notaio - cioè senza ricorrere ai tribunali - se il test del DNA avesse dimostrato che era lui il padre. Nonostante l’esito positivo del test di paternità, la donna rifiutava il riconoscimento volontario, proseguendo il giudizio. In base al diritto greco, infatti, la responsabilità genitoriale di un figlio minore di genitori non sposati apparteneva alla madre. In caso di riconoscimento del figlio, il padre acquisiva la responsabilità genitoriale, ma poteva esercitarla solo se esisteva un accordo tra i genitori o se la madre avesse cessato di esercitare la custodia ovvero non potesse esercitarla per motivi legali. Inoltre, se il padre si era opposto al riconoscimento giudiziario, la legge disponeva che non potesse esercitare la responsabilità genitoriale né sostituirsi alla madre nell'esercizio della stessa, a meno che i genitori non si fossero accordati. Il tribunale poteva decidere diversamente, se l'interesse del bambino lo richiedeva, su richiesta del padre, ma solamente nel caso in cui la madre avesse cessato di esercitare la custodia o non fosse in grado di esercitarla per motivi legali o pratici, o esistesse un accordo tra i genitori.
Per tali motivi, il ricorrente, esauriti gli strumenti interni, era ricorso avanti alla Corte europea sostenendo che non gli era stata data la possibilità di riconoscere volontariamente la paternità della figlia e che ciò aveva la conseguenza di limitare la sua responsabilità genitoriale. Egli, inoltre, sosteneva che la responsabilità genitoriale fosse piena solo quando la paternità fosse stata volontariamente riconosciuta e che un accertamento giudiziario, al quale egli si era opposto, non gli avrebbe permesso di esercitare alcuna responsabilità genitoriale a meno che entrambi i genitori non fossero d'accordo.
La Corte ha osservato che all'epoca dei fatti il diritto nazionale non avrebbe consentito al ricorrente di esercitare la responsabilità genitoriale, anche se ciò sarebbe stato nell'interesse del minore. Inoltre, al ricorrente non era stato possibile ottenere un provvedimento giudiziario per superare il rifiuto della madre di acconsentire alla condivisione della responsabilità genitoriale, anche se non aveva negato la paternità del bambino. Secondo la Corte, il Governo non ha spiegato adeguatamente perché fosse necessario, all'epoca dei fatti, che il diritto interno prescrivesse una tale differenza di trattamento tra i padri e le madri di bambini nati fuori dal matrimonio e di bambini nati nel matrimonio. Ha ritenuto, perciò, che non vi fosse un ragionevole rapporto di proporzionalità tra la preclusione all'esercizio della responsabilità genitoriale del ricorrente e l'obiettivo perseguito, che era quello di tutelare l'interesse dei figli nati fuori dal matrimonio, dichiarando così la violazione dell’art. 14 in combinato disposto con l’art. 8.
Sotto altro profilo, la Corte di Strasburgo ha rilevato come il procedimento interno allo Stato greco abbia violato l’art. 8, diritto al rispetto alla vita privata e famigliare, a causa dell’ingiustificato nonché irragionevole ritardo nell’adottare una decisione. Il procedimento, infatti, durato nove anni e quattro mesi, per tre gradi di giudizio, ha causato un pregiudizio della vita privata e famigliare del ricorrente.
(Commento a cura di Alessandro Cupri)