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Ossewaarde c. Russia, N. 27227/17, Corte Edu (Terza Sezione), 7 marzo 2023

Ossewaarde c. Russia, N. 27227/17, Corte Edu (Terza Sezione), 7 marzo 2023

La sentenza in esame si concentra su una specifica manifestazione del diritto di libertà religiosa, vale a dire la propaganda religiosa svolta a livello individuale. I giudici di Strasburgo, infatti, hanno ravvisato violazione dell’art. 9 CEDU e dell’art. 14, letto in relazione all’art. 9, nel caso che segue.

 

Il ricorrente, Donald Jay Ossewaarde, è un cittadino americano di fede cristiana battista che, da quando si è trasferito in Russia, nel 2005, ha tenuto regolarmente incontri di preghiera e di studio della Bibbia nella propria casa, invitando personalmente altri soggetti alla partecipazione e promuovendo gli eventi mediante azione di volantinaggio. Sulla base della recente legislazione russa adottata in materia di contrasto al terrorismo, tre agenti di polizia si sono però presentati a casa di Ossewaarde il 14 agosto 2016 durante un incontro domenicale. Al termine della sua consueta lettura della Bibbia, gli agenti hanno raccolto le dichiarazioni dei presenti e poi hanno accompagnato il ricorrente alla stazione di polizia locale, dove gli sono state prese le impronte digitali e gli è stata mostrata una lettera di denuncia per l'affissione di opuscoli evangelici nella bacheca all'ingresso di un condominio. La polizia ha dunque redatto un rapporto di infrazione amministrativa per aver svolto attività missionaria illegale come cittadino non russo; Ossewaarde è stato quindi portato direttamente in tribunale per una breve udienza, prima di essere condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria per aver svolto attività missionaria senza aver precedentemente notificato alle autorità la costituzione di un gruppo religioso.

 

Esperite le vie di ricorso giurisdizionale interno, Ossewaarde è dunque ricorso alla Corte EDU, lamentando di essere stato multato per aver predicato la fede battista ai sensi della nuova legislazione in quanto non membro di alcuna associazione religiosa. Ciò, però, non dovrebbe rilevare ai fini della sua possibilità di esercitare il diritto di diffondere le proprie convinzioni religiose personali. Ha inoltre presentato un reclamo ai sensi dell'articolo 14 (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l'articolo 9 sostenendo di essere stato discriminato a causa della nazionalità, poiché, in quanto cittadino statunitense, gli è stata comminata una multa più alta rispetto a un cittadino russo.

 

La Corte, dopo aver stabilito di essere competente a trattare il caso, in quanto i fatti che hanno dato origine alle presunte violazioni della Convenzione si sono verificati prima del 16 settembre 2022, data in cui la Russia ha cessato di essere Parte della Convenzione europea, ha ribadito che il diritto di diffondere informazioni su un particolare insieme di credenze è protetto dall'articolo 9. In particolare, quando non vi sono prove di coercizione o di pressioni indebite, la Corte ha già affermato in precedenza il diritto di impegnarsi nell'evangelizzazione individuale e nella predicazione porta a porta, pacificamente riconosciuto. La Corte ha rilevato che i nuovi requisiti previsti dalla legislazione russa, che rendono reato l'evangelizzazione nelle case private e richiedono l'autorizzazione preventiva per l'attività missionaria da parte di un gruppo o di un'organizzazione religiosa, non hanno lasciato sufficiente spazio a coloro che sono impegnati nell'evangelizzazione individuale, come il ricorrente, senza però motivare la necessità di tali inedite formalità. La Corte non è quindi convinta che l'interferenza con il diritto alla libertà di religione del ricorrente a causa delle sue attività missionarie abbia perseguito una "pressante necessità sociale". Inoltre, sanzionare il ricorrente per la sua presunta omissione di informare le autorità della costituzione di un gruppo religioso non è "necessario in una società democratica". La libertà di manifestare le proprie convinzioni, anche religiose, e di parlarne con gli altri non può infatti essere subordinata ad alcun atto di approvazione statale o di registrazione amministrativa; ciò equivale ad accettare che lo Stato possa dettare ciò in cui una persona deve credere.

 

La Corte ha osservato poi che, ai sensi del Codice degli illeciti amministrativi, la multa minima per un cittadino straniero riconosciuto colpevole di un reato di attività missionaria illegale è di sei volte superiore a quella prevista per un cittadino russo e che i cittadini stranieri sono inoltre passibili di espulsione. La Corte non ha trovato alcuna giustificazione per questa differenza di trattamento, che è anche difficile da conciliare con la più generale legislazione russa in materia di religioni, la quale invece prevede che i non cittadini legalmente presenti in Russia possano esercitare il diritto alla libertà di religione nello stesso modo in cui possono farlo i cittadini russi.

 

In conclusione, i giudici di Strasburgo hanno dunque concluso per una violazione tanto dell’art. 9 quanto dell’art. 14, letto in combinato disposto con l’art. 9, della Convenzione e condannato la Russia al risarcimento del danno cagionato al ricorrente.

 

(Commento a cura di Alessandro Negri)