Logo law and pluralism
Logo Università Bicocca

Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Oganezova c. Armenia, Nn. 71367/12 e 72961/12, Corte EDU (Quarta Sezione), 17 maggio 2022

Oganezova c. Armenia, Nn. 71367/12 e 72961/12, Corte EDU (Quarta Sezione), 17 maggio 2022

La Corte EDU si è occupata di crimini d’odio e hate speech di matrice omofobica, esercitato anche in rete, nel caso Oganezova c. Armenia dello scorso 17 maggio 2022. La decisione costituisce un contributo fondamentale al dibattito giuridico in tema di pluralismo e protezione dai crimini d’odio. Il caso riguardava, infatti, plurimi attacchi omofobici nei confronti di un membro della comunità LGBT armena. La ricorrente, una nota attivista nella promozione dei diritti delle persone LGBT in Armenia e a livello internazionale, gestiva un bar a Yerevan, di cui era comproprietaria, punto di incontro e socializzazione per molte persone della comunità LGBT. La ricorrente era diventata bersaglio di una campagna di odio in rete sulla base del suo orientamento sessuale. Quasi un anno più tardi, numerose persone erano entrate nel suo bar, minacciando e molestando i clienti. Due di queste avevano in un momento successivo dato fuoco al locale. La campagna intimidatoria era continuata anche dopo l’incendio doloso, quando ciò che rimaneva del bar era stato oggetto di atti vandalici (si veda la foto sopra).

 

La Corte EDU ha rilevato il fallimento da parte delle autorità armene di fornire protezione adeguata e effettuare indagini effettive. In particolare, la Corte ha sottolineato che, in specifiche circostanze, l’articolo 3 possa richiedere allo Stato di adottare le misure necessarie a proteggere le vittime (potenziali) di maltrattamenti. Mentre questo obbligo positivo non deve essere interpretato nel senso dell’imposizione di un onere sproporzionato in capo alle autorità, le misure richieste devono cionondimeno garantire, come minimo, la protezione dei gruppi vulnerabili (paragrafo 83). Per quanto concerne in particolare i discorsi d’odio, la Corte ha, inoltre, evidenziato che i commenti che costituiscono hate speech ed istigazione alla violenza possono, in linea di principio, richiedere che lo Stato adotti misure positive, seppur non ciascuna espressione di hate speech debba essere considerata tale da attrarre un procedimento penale (paragrafo 119).

 

Nel caso di specie, la Corte EDU ha concluso che la deterrenza contro aggressioni e minacce verbali di natura discriminatoria contenenti ‘malcelati inviti alla violenza’, quali quelli diretti contro la ricorrente, avrebbero richiesto dei meccanismi efficienti di diritto penale (paragrafo 120). La Corte ha anche enfatizzato l’importanza di indagini imparziali ed effettive nei casi in cui vi sia un sospetto che atti discriminatori abbiano condotto alla violenza, alla luce della necessità di ‘mantenere costantemente la fiducia dei gruppi di minoranza nella capacità delle autorità di proteggerle dalla violenza discriminatoria’ (paragrafo 85).

 

In conclusione, la Corte EDU ha riscontrato una violazione del divieto di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, nel contesto dei trattamenti inumani e degradanti (articoli 14 e 3).

 

Nella foto, l’ingresso del bar gestito e di proprietà della ricorrente a Yerevan, oggetto di incendio doloso e, successivamente, di simboli nazisti.

 

(A cura di Giovanna Gilleri)