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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Nepomnyashchiy e Altri c. Russia, Nn. 39954/09 e 3465/17, Corte EDU (Terza Sezione), 30 maggio 2023

Nepomnyashchiy e Altri c. Russia, Nn. 39954/09 e 3465/17, Corte EDU (Terza Sezione), 30 maggio 2023

La Corte EDU si è occupata di hate speech di matrice omofobica nel caso Nepomnyashchiy e Altri c. Russia dello scorso 30 maggio 2023. La decisione costituisce un contributo fondamentale al dibattito giuridico in tema di pluralismo e protezione dai discorsi d’odio. Il caso riguardava, infatti, plurime dichiarazioni stigmatizzanti nei confronti della comunità LGBTI rese da due noti politici russi ricoprenti posizioni pubbliche, in delle interviste a due noti giornali, rispettivamente nel 2008 e nel 2013.

 

I ricorrenti si erano rivolti alla Corte EDU lamentando la violazione del diritto al rispetto della vita privata (articolo 8) in combinato disposto con il divieto di discriminazione (articolo 14). In particolare, sostenevano che le affermazioni dei due politici avevano costituito un appello alla violenza contro le persone LGBTI, venendo a discriminare loro stessi ricorrenti poiché membri della comunità LGBTI ed attivisti per i diritti LGBTI. Essi denunciavano altresì che le autorità nazionali non avevano adempiuto all’obbligo di proteggerli dalla discriminazione. Di fatto, le denunce penali che avevano presentato ai tribunali nazionali non erano state seguite da alcun procedimento; parimenti era accaduto in sede civile.

 

In via preliminare, la Corte EDU ha ribadito la sussistenza della propria giurisdizione, dal momento che i fatti all’origine della violazione erano accaduti prima del 16 settembre 2022, giorno in cui la Russia ha cessato di essere Stato Parte alla CEDU (paragrafo 51). La Corte ha successivamente delineato gli aspetti rilevanti del contesto fattuale. Anzitutto, le affermazioni provenivano da due figure di spicco ricoprenti incarichi pubblici, ovvero un membro di una assemblea legislativa regionale ed un governatore regionale (paragrafo 61). Pubblicate in quotidiani popolari con un vasto pubblico, le interviste descrivevano un atto sessuale tra due uomini ‘ripugnante e disgustoso quanto un omicidio’ (paragrafo 15). I politici avevano reso altre dichiarazioni, tra cui: ‘Tolleranza? Dannazione! I froci devono essere fatti a pezzi. E i pezzi buttati al vento!’ (paragrafo 5); ‘questi non sono diritti umani, sono i diritti di maniaci e pervertiti’; ‘perché mai le pubblicità di alcol e birra devono essere proibite, mentre la pubblicità mostrata davanti ai bambini sull’essere gay o sull’equivalenza tra le famiglie omosessuali e quelle normali no?’ (paragrafo 15).

Inoltre, per quanto concerne i bersagli di tali dichiarazioni offensive e denigratorie, la Corte EDU ha sottolineato che la comunità LGBTI russa costituisce ‘un gruppo particolarmente vulnerabile che necessita di un elevato grado di protezione da affermazioni stigmatizzanti,’ specialmente alla luce della ‘storia di pubblica ostilità contro la comunità LGBTI in Russia e l’incremento di crimini d’odio a sfondo omofobico’ (paragrafo 59). La Corte ha poi rilevato che le dichiarazioni controverse hanno colpito un aspetto fondamentale dell’identità e della dignità delle persone LGBTI, raggiungendo così la soglia di gravità richiesta ai sensi dell’articolo 8 (paragrafo 62). Appartenendo alla comunità LGBTI ed essendo attivisti per i diritti di questa, i ricorrenti sono stati pertanto considerati dalla Corte legittimati ad agire in giudizio in quanto vittime di una violazione ex articolo 8.

Infine, la Corte ha riscontrato l’inadempimento da parte delle autorità russe dell’obbligo di fornire una risposta giuridica effettiva contro l’hate speech. Se, da un lato, il sistema giuridico russo prevedeva dei meccanismi di diritto civile e di diritto penale volti alla protezione della vita privata da questo tipo di dichiarazioni, dall’altro lato, la loro efficacia in pratica era dubbia (paragrafi 79, 85). In conclusione, la Corte ha accertato una violazione del divieto di discriminazione (articolo 14) nell’ambito del diritto al rispetto della vita privata (articolo 8).

 

(Commento a  cura di Giovanna Gilleri)