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Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

LW v Bundesrepublik Deutschland, C-91, CGUE (Grande Sezione), 9 novembre 2021

LW v Bundesrepublik Deutschland, C-91, CGUE (Grande Sezione), 9 novembre 2021

In una causa avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sull’interpretazione dell’articolo 3 e dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta.

 

La ricorrente, nata in Germania da madre tunisina e da padre siriano con status di rifugiato riconosciuto dallo Stato tedesco, si vedeva rigettata la domanda di asilo, con provvedimento confermato in via giurisdizionale, poiché, essendo di nazionalità tunisina, ella avrebbe potuto beneficiare di una protezione effettiva in Tunisia.

Tuttavia, la ricorrente avrebbe soddisfatto i requisiti previsti per ottenere lo status di rifugiato dal diritto nazionale, che, a titolo derivato e ai fini della protezione dei familiari del rifugiato, consente di estendere ai figli minori la protezione accordata ai rifugiati anche se il richiedente non versa personalmente nelle condizioni che sono presupposto di tale tutela.

 

Impugnata la sentenza, il giudice del rinvio interrogava la Corte di Giustizia se la normativa nazionale potesse ritenersi conforme alla direttiva 2011/95. La direttiva 2011/95 non prevede, infatti, l'estensione, a titolo derivato, dello status di rifugiato ai familiari di un rifugiato, i quali non hanno individualmente diritto al riconoscimento di detto status. L'articolo 23 della direttiva si limita a imporre agli Stati membri di adattare il loro diritto nazionale in modo tale che siffatti familiari - nei limiti in cui ciò sia compatibile con il loro status giuridico personale - possano aver diritto a taluni benefici, che comprendono il rilascio di un titolo di soggiorno o l'accesso al lavoro e che hanno ad oggetto il mantenimento dell'unità del nucleo familiare.

 

La Corte, riunita in Grande Sezione, ha risposto dichiarando che le indicate disposizioni della direttiva non ostano a che uno Stato membro, in base a disposizioni nazionali più favorevoli, riconosca, a titolo derivato e ai fini del mantenimento dell’unità del nucleo familiare, lo status di rifugiato al figlio minore non coniugato di un cittadino di un paese terzo al quale tale status è stato riconosciuto.

 

(Commento a cura di Nadia Spadaro)