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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

IS, Causa C-564/19, CGUE (Grande Camera), 23 novembre 2021

IS, Causa C-564/19, CGUE (Grande Camera), 23 novembre 2021

La CGUE si è espressa, in via pregiudiziale, sulla compatibilità con il diritto eurounitario della normativa ungherese in materia di traduzioni e interpreti nel processo penale.

 

Un giudice del Pesti Központi Kerületi Bíróság (Tribunale centrale distrettuale di Pest) era investito di un procedimento penale nei confronti di un cittadino svedese, che non conosceva l’ungherese e veniva dunque assistito da un interprete. Tuttavia, il diritto ungherese non disciplina in alcun modo la selezione dell’interprete, o la verifica delle sue competenze, non esistendo nemmeno un registro ufficiale di traduttori e di interpreti. Pertanto, dal momento che né l’avvocato né il giudice sarebbero stati in grado di verificare la qualità dell’interpretazione, il diritto dell’imputato di essere informato dei suoi diritti e i suoi diritti della difesa sarebbero potuti risultarne pregiudicati. Di conseguenza, il giudice ha deciso di interrogare la Corte sulla compatibilità della normativa ungherese con la direttiva 2010/64, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, e con la direttiva 2012/13, sul diritto all’informazione in tali procedimenti, chiedendo, inoltre, in caso di incompatibilità, se il procedimento potesse proseguire in assenza dell’imputato.

 

La Corte ha ricordato che gli Stati membri, in forza della direttiva 2010/64, devono adottare misure concrete che garantiscano, da un lato, che la qualità dell’interpretazione e delle traduzioni sia sufficiente affinché l’indagato o l’imputato comprenda l’accusa formulata a suo carico – e, sul punto, l’istituzione di un registro di traduttori o di interpreti indipendenti costituisce uno dei mezzi per il perseguimento di tale obiettivo; dall’altro, ha sottolineato che le misure adottate dagli Stati membri devono consentire ai giudici nazionali di verificare la qualità sufficiente dell’interpretazione, affinché siano garantiti l’equità del procedimento e l’esercizio dei diritti della difesa. Le direttive 2010/64 e 2012/13, lette alla luce dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ostano, infine, a che una persona sia giudicata in contumacia quando, a causa di un’interpretazione inadeguata, non è stata informata, in una lingua a lei comprensibile, dell’accusa a suo carico, o quando è impossibile accertare la qualità dell’interpretazione fornita e quindi stabilire che tale persona sia stata informata, in una lingua ad lei comprensibile, dell’accusa a suo carico.

 

(Commento a cura di Alessandro Negri)