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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Ilyin e altri c. Ucraina, N. 74852/14, CtEDU (Quinta Sezione), 17 novembre 2022

Ilyin e altri c. Ucraina, N. 74852/14, CtEDU (Quinta Sezione), 17 novembre 2022

La Corte europea dei diritti dell’uomo si è espressa di recente su un nuovo registration case, il quale ha riguardato una comunità religiosa afferente alla realtà confessionale della Chiesa dell’Unificazione. I ricorrenti, in particolare, avevano domandato senza successo all'Amministrazione statale della città di Kiev di essere registrati come persona giuridica con il nome di “Associazione dello Spirito Santo per l'unificazione della comunità religiosa della cristianità mondiale nel distretto di Kyiv Obolonsky”.

A motivo del diniego, l’Amministrazione aveva opposto che la denominazione del gruppo potesse evocare un’organizzazione “interreligiosa” di ispirazione cristiana. Sulla scorta di questo argomento, oltre che sulla base di alcune disposizioni dell’atto costitutivo dell’organizzazione, i Giudici nazionali, avanti ai quali il diniego era stato impugnato, avevano ritenuto che la comunità si configurasse come un ente “atipico”, cui l’ordinamento non avrebbe consentito di accedere alla registrazione.

In particolare, le autorità nazionali non avevano considerato rilevante l’intento effettivo dei ricorrenti, ossia la costituzione di un ente collegato a una specifica confessione religiosa quale la Chiesa dell'Unificazione. Infatti, ad avviso dei giudicanti, il modo in cui gli scopi della comunità e la sua denominazione erano stati formulati avrebbero creato l'impressione fuorviante che la comunità ricorrente fosse un'associazione cristiana di ispirazione “ecumenica”.

 

La Corte di Strasburgo non ha rilevato alcuna violazione dell’art. 9 della CEDU. La Corte ha ribadito, infatti, il principio secondo cui il semplice fatto che uno Stato esiga che un'organizzazione religiosa che richiede la registrazione assuma una denominazione tale da non indurre in errore i credenti e il pubblico in generale e che consenta di distinguerla dalle organizzazioni già esistenti può, in linea di principio, essere considerato una limitazione giustificata.

Le perplessità sulla denominazione della comunità sono dunque state sufficienti per rifiutarne la registrazione, anche in assenza di altri profili di criticità inerenti alle sue pratiche religiose. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che il diniego sia stato, nel complesso, rispettoso dei requisiti imposti della CEDU.

 

(Commento a cura di Andrea Cesarini)