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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

de Wilde c. Paesi Bassi, Corte EDU (Quarta sezione), N. 9476/19, 9 novembre 2021

de Wilde c. Paesi Bassi, Corte EDU (Quarta sezione), N. 9476/19, 9 novembre 2021

Nell’ottobre del 2016, Hermina Geertruida de Wilde, cittadina olandese, rinnova la patente di guida e la carta d’identità e presenta all’ufficio competente una foto identificativa che la ritrae con uno scolapasta in testa. Dichiara di aderire alla religione del Pastafarianesimo (Flying Spaghetti Monsterism), che impone di indossare tale copricapo “sacro” anche nei documenti ufficiali. In quanto seguace della Chiesa del Prodigioso Spaghetto Volante, ritiene di aver diritto ad una accommodation. Infatti, la legge olandese, da una parte, obbliga a comparire a capo scoperto nei documenti di identità ma, dall’altra parte, prevede una deroga per motivi religiosi, filosofici o medici.

La richiesta della sig.ra de Wilde è tuttavia respinta.

 

Esperiti i ricorsi interni e presentato il ricorso alla Corte EDU, la ricorrente lamenta una violazione dell’articolo 9 (libertà di religione o di credo), letto singolarmente e in combinato disposto con l’articolo 14 (non discriminazione) della Convenzione europea dei diritti umani.

 

La Corte osserva che Divisione Giurisdizionale Amministrativa olandese (Administrative Jurisdiction Division) ha riscontrato nel Pastafarianesimo una mancanza di serietà e coesione, caratteristiche necessarie per attrarre la protezione dell’Art. 9 CEDU. All’unanimità, non ha ritenuto doversi discostare da tale conclusione.

Insomma, il pastafarianesimo non è una “religione” o un “credo” ai sensi dell'articolo 9 della Convenzione. Di conseguenza, “l'indossare uno scolapasta da parte dei seguaci del Pastafarianesimo non può essere considerato come una manifestazione di una ‘religione’ o di un ‘credo’ ai sensi dell'articolo 9, anche se la persona interessata afferma che sceglie di farlo per una convinzione autentica e sincera” (par. 54).

 

Come ha notato da Wojciech Brzozowski, “questa decisione significa ovviamente la fine della battaglia [pastafariana] a Strasburgo. Ciò che certamente non finisce è la discussione sulla natura della religione, la (ir)razionalità dei precetti religiosi, e il presunto status privilegiato del discorso religioso rispetto a quello non religioso nel dibattito pubblico”.

 

(Commento a cura di Tania Pagotto)