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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Corte Suprema degli Stati Uniti d'America, U.S. c. Zubaydah, 595 U.S. ___ (2022), 3 marzo 2022

Corte Suprema degli Stati Uniti d'America, U.S. c. Zubaydah, 595 U.S. ___ (2022), 3 marzo 2022

Nel caso U.S. v. Zubaydah, la Corte Suprema degli Stati Uniti si è pronunciata in tema di extraordinary renditions e segreto di Stato nel contesto delle operazioni antiterrorismo.

 

Il caso riguarda un sospetto terrorista, Zubaydah, catturato in Pakistan da forze pachistane che collaboravano con la CIA, successivamente detenuto prima in Thailandia e poi in un black site CIA in Polonia fra il 2002 e il 2003, dove denuncia di essere stato torturato. Viene poi condotto a Guantánamo. Attualmente si trova ancora lì.

Zubaydah chiede che due contractors della CIA fossero autorizzati a testimoniare sul suo caso, affinché in Polonia possa essere esperito un procedimento penale nei confronti degli ufficiali polacchi coinvolti. Le corti di primo e di secondo grado si pronunciano con esiti diversi. La Corte di primo grado accoglie l’argomento del Governo, che invoca lo state secrets privilege e afferma che non si deve dare luogo all’esame testimoniale, poiché esso comporterebbe la rivelazione di informazioni pericolose per sicurezza nazionale. In secondo grado, invece, la sentenza viene riformata. Si arriva dunque alla richiesta di certiorari presentata dal Governo alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

 

In Corte Suprema, l’opinion of the Court accoglie il ricorso del Governo e annulla senza rinvio la decisione della Corte d’Appello.

Nel proprio reasoning, la Corte premette che vi sono diversi documenti pubblici che sostengono che Zubaydah è stato detenuto in un black site in Polonia e torturato. Tra questi, il report del Senate Selected Committee on Intelligence del 2014 sulle enhanced interrogation e la decisione con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo, sempre nel 2014, ha condannato la Polonia per la rendition di Zubaydah. Tuttavia, il Governo sostiene che la CIA non ha mai confermato quelle informazioni, né lo ha mai fatto il Governo polacco (sebbene lo abbiano fatto alcuni ufficiali polacchi, ma non il Governo in sé).

 

La Corte ricostruisce poi brevemente la Reynolds doctrine. In prima battuta, essa permette al Governo di rifiutarsi di rivelare dinanzi a una corte informazioni pericolose per la sicurezza nazionale; inoltre, per invocare correttamente Reynolds, il Governo deve produrre un’affermazione di un ufficiale di vertice del dipartimento o dell’agenzia coinvolti; da ultimo, la Corte deve valutare la fondatezza del claim, ossia se effettivamente vi sono rischi per la sicurezza nazionale, e bilanciarla con la necessity del ricorrente ad ottenere quelle informazioni. Nel dubbio, la Corte deve decidere pro sicurezza (e quindi segretezza).

La Corte si chiede allora se le informazioni circa l’esistenza di un black site in Polonia rientrino nell’ambito di applicazione del segreto di Stato secondo il precedente Reynolds. La risposta che dà la Corte è affermativa. Il fatto che alcune informazioni siano pubbliche non significa che esse non possano rientrare nell’ambito di applicazione del segreto di Stato. Infatti, un conto è che altri affermino un certo fatto, altro conto è che lo faccia la CIA. Se la CIA (o uno dei suoi contractors) rivelasse l’esistenza di un black site in Polonia, deteriorerebbe relazioni segrete con servizi di intelligence stranieri, nonché più in generale la credibilità e fiducia dei servizi statunitensi dinanzi ai servizi segreti di tutto il mondo. Ciò basta a dimostrare che rivelare le informazioni richieste da Zubaydah porrebbe a rischio la sicurezza nazionale.

Quindi, conclude la Corte Suprema, il segreto di Stato va applicato alle informazioni riguardanti l’esistenza (o meno) di un black site in Polonia e su tutte quelle collegate.

 

(Commento a cura di Chiara Graziani)