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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Corte di Cassazione italiana, Sez. I Penale, N. 7904/2022, 4 marzo 2022

Corte di Cassazione italiana, Sez. I Penale, N. 7904/2022, 4 marzo 2022

La Corte di Cassazione è recentemente tornata ad occuparsi del tema della partecipazione a pubbliche riunioni e dell’ostensione di simboli o manifestazioni tipiche dell’ideologia fascista.

Nel caso di specie, durante una cerimonia pubblica tenutasi il 25 aprile 2016 presso il Cimitero Maggiore di Milano, commemorativa dei caduti della Repubblica Sociale Italiana, quattro membri del Gruppo “Lealtà e Azione” compivano alcune manifestazioni riconducibili all’ex partito fascista, tra le quali la c.d. “chiamata del presente” e il c.d. “saluto romano”.

 

All’esito del giudizio di primo grado, nell’aprile 2019 il Tribunale di Milano assolveva gli imputati, escludendo la ricorrenza del “pericolo concreto” di ricostituzione del disciolto partito fascista ai sensi dell’art. 5 della legge Scelba n. 645 del 1952, che incrimina le pubbliche manifestazioni usuali al regime fascista.

La decisione di primo grado veniva impugnata davanti alla Corte d’Appello di Milano, che, pochi mesi più tardi, affermava la responsabilità degli imputati sulla base della più ampia previsione incriminatrice della legge Mancino n. 205 del 1993, la quale si riferisce a manifestazioni evocative di ogni associazione o gruppo che coltivi finalità di discriminazione razziale e, a differenza della legge Scelba, riguarda un reato di pericolo astratto.

 

La prima sezione penale della Cassazione, a sua volta, ha annullato senza rinvio la sentenza di appello perché il fatto non sussiste.

La pronuncia in esame, inquadrando giuridicamente la fattispecie nei termini già espressi dal giudice di primo grado, ha dichiarato il Gruppo “Lealtà e Azione” non ascrivibile al novero delle organizzazioni, associazioni, movimenti e gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, e pertanto vietati ai sensi della legge n. 654 del 1975 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione di New York sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale). Quest’ultima non trova applicazione, infatti, nei confronti di organizzazioni “storiche” ma esclusivamente di organizzazioni, movimenti e gruppi esistenti ed operanti nel momento in cui venga tenuta la condotta penalmente rilevante.

Secondo la Suprema Corte, le condotte poste in essere nel caso in oggetto non risultano dunque idonee a determinare un pericolo concreto di ricostituzione del disciolto partito fascista, trattandosi di atti che, benché usuali a quest’ultimo, hanno avuto luogo all’interno di un contesto “innegabilmente commemorativo dei caduti della RSI”.

 

(Commento a cura di Marco Galimberti)