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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Corte di Cassazione francese (Cour de Cassation française), Chambre Sociale, N.19-24.079, 14 aprile 2021

Corte di Cassazione francese (Cour de Cassation française), Chambre Sociale, N.19-24.079, 14 aprile 2021

La Corte di Cassazione francese (Chambre sociale) si è pronunciata sul ricorso presentato dal datore di lavoro per l’annullamento della sentenza della Corte d’appello che annullava il licenziamento nei confronti di una lavoratrice perché si era rifiutata di rimuovere il velo islamico sul luogo di lavoro.

In particolare, la lavoratrice, dipendente di un noto marchio di abbigliamento per donna, si convertiva all’islam nel corso del rapporto di lavoro e iniziava a portare il velo islamico. A  fronte della richiesta del datore di lavoro di rimuoverlo, si rifiutava, andando incontro al licenziamento.

La Cassazione francese, come la Corte di Giustizia nel noto caso Asma Bougnaoui, Association de défense des droits de l’homme (ADDH) contro Micropole SA, già Micropole Univers SA, C‑188/15 del 14 marzo 2017, confermava la possibilità che, in presenza di una specifica clausola di “neutralità” aziendale, predisposta dal datore di lavoro ed accolta dal lavoratore, che prevedesse la non esposizione di simboli politici, filosofici o religiosi sul luogo di lavoro, il licenziamento del lavoratore, che non si adeguasse a tale clausola, potesse considerarsi legittimo.

Nel caso in esame, però, una tale clausola mancava e, dunque, il datore di lavoro ha sostenuto che il licenziamento fosse stato determinato dalla mancanza di un necessario requisito per svolgere l’attività lavorativa. Tale requisito veniva individuato in relazione a quella che poteva essere l’aspettativa della clientela del noto marchio di abbigliamento femminile.

Tuttavia, come per la Corte di Giustizia, tali considerazioni sono state ritenute dalla Corte Cassazione meramente soggettive e non già oggettivi requisiti professionali tali da giustificare una restrizione alla libertà di manifestazione del credo religioso.

 

(Commento a cura di Nadia Spadaro)