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Corte costituzionale italiana, N. 54/2022, 4 marzo 2022

Corte costituzionale italiana, N. 54/2022, 4 marzo 2022

Il Giudice delle Leggi si è di recente pronunciato sulla legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), e dell’art. 74 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), in base a questioni promosse dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, con ordinanze del 17 giugno 2019.

 

La Corte costituzionale aveva adottato un’ordinanza di rinvio pregiudiziale (ord. n. 182 del 30 luglio 2020) alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ponendo il quesito della compatibilità comunitaria della normativa interna che esclude da alcune provvidenze (bonus bebè e assegno di maternità) gli stranieri extracomunitari non titolari del permesso per soggiornanti Ue di lungo periodo.

A seguito della pronuncia dei giudici di Lussemburgo, che hanno ritenuto l’incompatibilità della normativa italiana con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, laddove prevede il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, e con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/Ue, sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri, la Corte costituzionale ha pronunciato l’illegittimità della disciplina presa in esame.

 

Invero, la Corte costituzionale, affermando che è suo compito “assicurare una tutela sistemica, e non frazionata, dei diritti presidiati dalla Costituzione, anche in sinergia con la Carta di Nizza, e di valutare il bilanciamento attuato dal legislatore, in una prospettiva di massima espansione delle garanzie” stabilisce che la normativa esaminata lede il diritto alla parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale, tutelato dall’articolo 34 della Carta in connessione con l’articolo 12 della direttiva 2011/98 UE, che ha riconosciuto un insieme di diritti ai cittadini di Paesi terzi ammessi nello Stato per finalità lavorative o per finalità diverse, ai quali è consentito lavorare.

Inoltre, la Corte afferma che il principio di parità di trattamento si raccorda “ai principi consacrati dagli articoli 3 e 31 della Costituzione e ne avvalora e illumina il contenuto assiologico, allo scopo di promuovere una più ampia ed efficace integrazione dei cittadini dei Paesi terzi”. In quest’ottica, la tutela della maternità e dell’infanzia di cui all’art. 31 della Costituzione, “non tollera distinzioni arbitrarie e irragionevoli”.

 

Secondo la Corte, la correlazione tra il requisito del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, subordinato al possesso di requisiti reddituali rigorosi, e il riconoscimento di prestazioni che attuano la tutela della maternità e dell’infanzia, volte a fronteggiare lo stato di bisogno legato alla nascita di un bambino o alla sua accoglienza nella famiglia adottiva, non è, dunque, da ritenersi ragionevole.

 

(Commento a cura di Nadia Spadaro)