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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Constantin-Lucian Spinu c. Romania, N. 29443/20, Corte EDU (Quarta sezione), 11 ottobre 2022

Constantin-Lucian Spinu c. Romania, N. 29443/20, Corte EDU (Quarta sezione), 11 ottobre 2022

La sentenza in esame presenta notevoli motivi di interesse, in quanto si concentra sugli effetti della recente crisi pandemica in materia di gestione del pluralismo e sull’individuazione di un corretto punto di bilanciamento tra esigenze di sicurezza sanitaria e garanza dei diritti fondamentali.

 

Nel caso di specie, il ricorrente, detenuto presso un carcere rumeno, chiedeva il permesso di continuare a partecipare al culto della propria chiesa, avventista, all’esterno del carcere, come già avveniva prima dell’insorgere dell’emergenza da Covid-19, senza che questa fosse cagione di ulteriori limitazioni. L’amministrazione dell’istituto di pena, però, negava tale autorizzazione, offrendo piuttosto al ristretto di ricevere assistenza spirituale online, in modo da garantirgli adeguati incontri col ministro di culto senza però allontanarsi dal carcere ed entrare in contatto con persone che vivevano al di fuori di esso.

 

Esperite le vie di ricorso giurisdizionale interno, il detenuto si è dunque rivolto alla Corte EDU, la quale però ha negato che la condotta tenuta dalle istituzioni penitenziarie integrasse violazione dell’art. 9 della Convenzione, che garantisce la libertà di pensiero, coscienza e religione. La limitazione, infatti, doveva essere valutata alla luce delle circostanze in continua evoluzione della crisi sanitaria. La Corte ha notato a questo proposito che il ricorrente aveva presentato la sua richiesta l'8 luglio 2020, durante lo stato di allerta la cui legislazione prevedeva sì un graduale alleggerimento delle condizioni precedentemente imposte, ma in cui le esigenze mutevoli della situazione sanitaria pubblica e la sua imprevedibilità dovevano aver posto una serie di sfide inedite alle autorità carcerarie in relazione all'organizzazione e alla supervisione delle attività religiose dei detenuti. Di conseguenza, a tali autorità doveva essere concesso un ampio margine di apprezzamento, soprattutto perché il richiedente in questo caso aveva chiesto il permesso di uscire dal carcere e di avere contatti con persone che non erano a loro volta detenuti o personale del carcere, con evidente rischio di contrarre il virus al di fuori del carcere e portare poi l’infezione nell'ambiente chiuso delle mura penitenziarie.

Il carcere in cui il richiedente era detenuto aveva introdotto, poi, l'uso della videoconferenza per il culto avventista ed era stato il primo a offrire accesso online al supporto religioso. Questa soluzione era coerente con le pratiche che si erano diffuse durante la crisi sanitaria, così come con la raccomandazione del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), secondo cui qualsiasi restrizione dei contatti con il mondo esterno doveva essere compensata da un maggiore accesso a mezzi di comunicazione alternativi. Certo tali misure non potevano sostituire completamente la partecipazione non mediata alle funzioni religiose, ma non si poteva negare lo sforzo compiuto dalle autorità penitenziarie per controbilanciare le restrizioni imposte durante la pandemia.

 

Ne consegue che la decisione delle autorità carcerarie di respingere la richiesta del ricorrente non era stata adottata senza considerare la sua situazione individuale e le mutate circostanze della crisi sanitaria. Considerando l'ampio margine di apprezzamento che doveva essere concesso alle autorità nazionali nelle circostanze specifiche e senza precedenti della crisi, la Corte EDU ha stabilito che il diritto del ricorrente a manifestare la propria religione non era stato violato. Non integra, dunque, violazione dell’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo il rifiuto di consentire a un detenuto di partecipare al culto della sua chiesa all'esterno del carcere a causa delle restrizioni da Covid-19, alla luce dei problemi cagionati alle autorità carcerarie nell'organizzare o supervisionare le attività religiose dei detenuti dall’evoluzione della situazione sanitaria e dalla sua imprevedibilità, tanto più se il ricorrente chiede l'autorizzazione a lasciare il carcere e a entrare in contatto con persone al di fuori di esso e se il carcere dove il ricorrente è detenuto già offre assistenza religiosa online.

 

(Commento a cura di Alessandro Negri)