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Comunità Quilombola di Alcântara c. Brasile. Eccezioni preliminari, fondo, risarcimento e spese, Serie C n. 548, Corte interamericana dei diritti dell’uomo, 21 novembre 2024

Comunità Quilombola di Alcântara c. Brasile. Eccezioni preliminari, fondo, risarcimento e spese, Serie C n. 548, Corte interamericana dei diritti dell’uomo, 21 novembre 2024

La Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDU) si è pronunciata il 21 novembre 2024 sulla responsabilità del Brasile per la violazione dei diritti umani di comunità quilombola situata sull’isola di Alcântara, nello Stato del Maranhão, in relazione alle attività di un Centro di Lancio Aeroespaziale costruito sul territorio. Tra gli anni ’80 e il 2001, circa 312 famiglie appartenenti a 31 comunità quilombola residenti nella regione sono state trasferite in “agrovillas” a causa delle attività del centro di lancio. Tra il 2008 e il 2023, lo Stato ha avviato procedure amministrative per identificare, demarcare e attribuire diritti di proprietà ai territori delle comunità quilombola, ma al di fuori dell’area in cui opera il centro. Nel 2021 ha inoltre rilasciato titoli di proprietà individuali ai residenti delle agrovillas.

La decisione si distingue per l’attenzione rivolta alle caratteristiche e alle esigenze specifiche dei popoli quilombola. Da un lato, la Corte ha riconosciuto che le comunità quilombola di Alcântara godono dei diritti specifici riconosciuti ai “popoli tribali”. Sebbene non si tratti di popolazioni indigene, ma di discendenti di afrodiscendenti liberati o fuggiti dalla schiavitù, la Corte ha osservato che “[d]ato il loro particolare rapporto con il territorio in cui vivono, la loro visione del mondo, l’identità culturale e le forme organizzative, le comunità quilombola sono caratterizzate come popoli tribali ai sensi del Diritto Internazionale dei Diritti Umani” (par. 66). Tale qualificazione è stata condivisa anche dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani, dai rappresentanti delle comunità e dallo Stato.

La Corte ha dunque ritenuto che il Brasile abbia violato l’art. 21 della Convenzione americana sui diritti umani (CADU, 1969), che obbliga gli Stati a garantire il diritto alla proprietà collettiva dei popoli indigeni e tribali mediante la delimitazione, la demarcazione e la titolazione dei loro territori. La violazione è consistita sia nel rilascio di titoli di proprietà individuali in luogo del riconoscimento della proprietà collettiva, sia nella mancata garanzia del pieno uso e godimento del territorio da parte delle comunità.

La CIDU ha inoltre accertato la violazione del diritto alla consultazione libera, previa e informata, sancito dagli artt. 13 (libertà di pensiero ed espressione), 23 (diritti politici) e 26 (diritti economici, sociali e culturali) della Convenzione, per non aver consultato adeguatamente le comunità quilombola in merito alla conclusione di accordi bilaterali con altri Stati, come Ucraina e Stati Uniti, relativi al funzionamento del centro di lancio, da cui potevano derivare effetti negativi sulle comunità locali.

Inoltre, la Corte ha ritenuto che il Brasile abbia leso il “progetto di vita collettivo” delle comunità quilombola di Alcântara, generando un senso profondo di ingiustizia, impotenza e insicurezza, aggravato dalla mancanza di una risposta giudiziaria adeguata. Ciò ha comportato la violazione di diversi articoli della CADU, tra cui l’artt. 8 (diritto a un giusto processo), 11 (protezione dell’onore e della dignità), 24 (uguaglianza davanti alla legge) e 25 (protezione giudiziaria).

La CIDU ha confermato la propria giurisprudenza precedente in merito alle garanzie speciali previste dalla Convenzione americana per i popoli indigeni e tribali, ribadendo la propria interpretazione dell’art. 21, che tutela i beni comuni di tali popoli. Ha inoltre riaffermato la necessità che gli Stati riconoscano la personalità giuridica collettiva dei popoli indigeni e il nesso tra il diritto alla consultazione previa, libera e informata e il diritto all’autodeterminazione.

D’altro canto, la Corte ha ritenuto rilevante, nel caso di specie, la discriminazione strutturale subita storicamente dalla popolazione afrodiscendente in Brasile. In questo senso, ha affermato che “[l]o Stato incorre nella responsabilità internazionale nei casi in cui, di fronte a situazioni di discriminazione strutturale, non adotta misure specifiche rispetto alla particolare situazione di vittimizzazione che concretizza la vulnerabilità di un gruppo di individui”, e che ciò “richiede anche un’azione protettiva specifica” (par. 300). Pertanto, la Corte ha concluso che, nel caso delle comunità quilombola, lo Stato ha violato il diritto all’uguaglianza davanti alla legge e il divieto di discriminazione sanciti dall’art. 24 della Convenzione americana, oltre a diversi altri diritti specifici riconosciuti dalla stessa.

 

(Commento di Bernardo Mageste Castelar Campos)