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Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Commissione c. Malta, Causa C-181/23, CGUE (Grande Sezione), 29 aprile 2025

Commissione c. Malta, Causa C-181/23, CGUE (Grande Sezione), 29 aprile 2025

Nella causa C-181/23, Commissione c. Repubblica di Malta, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sulla compatibilità con il diritto dell’Unione del programma di cittadinanza per investimento istituito dalla Repubblica di Malta. Quest’ultimo consentiva l’acquisto della cittadinanza maltese mediante il versamento di contributi economici predeterminati (tra 600.000 e 750.000 euro), l’acquisto o locazione di immobili residenziali, donazioni a enti filantropici e requisiti minimi di residenza legale riducibili da tre anni a dodici mesi dietro pagamento aggiuntivo. Nel ricorso promosso ai sensi dell’art. 258 TFUE, la Commissione europea sosteneva che tale schema compromettesse l’essenza della cittadinanza dell'Unione, in quanto consentiva la sua concessione in assenza di un legame effettivo tra i richiedenti e lo Stato membro.

La sentenza della Corte di giustizia interviene sul rapporto tra la competenza nazionale in materia di acquisto e perdita della cittadinanza e gli obblighi incombenti sugli Stati membri ai sensi dell’articolo 20 TFUE che istituisce la cittadinanza dell’Unione quale corollario del possesso della cittadinanza di uno Stato membro e dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE che sancisce il principio di leale cooperazione.

Nella sentenza, citando numerosi precedenti – tra cui le sentenze Micheletti e Rottmann – la Corte ha anzitutto ricordato che, sebbene la determinazione delle condizioni per l’acquisto e la perdita della cittadinanza rientri nella competenza degli Stati membri, tale competenza deve essere esercitata nel rispetto del diritto dell’Unione. La cittadinanza dell’Unione, quale status fondamentale dei cittadini degli Stati membri, si fonda su un rapporto speciale di solidarietà e lealtà caratterizzato dalla reciprocità di diritti e doveri tra lo Stato e i suoi cittadini. Alla luce di ciò, a giudizio della Corte, gli Stati membri non possono istituire programmi di naturalizzazione basati su procedure di natura transazionale che equivalgano alla commercializzazione della cittadinanza nazionale e, per estensione, di quella dell’Unione. In particolare, nell’esame del programma maltese, la Corte ha riscontrato che i pagamenti e gli investimenti ricoprono un ruolo decisivo nella decisione finale sulla concessione della cittadinanza, mentre gli altri requisiti, in particolare quello della residenza preventiva, non sono sufficienti a modificare la natura eminentemente commerciale del programma. La pronuncia si sofferma in particolare sul fatto che il programma fosse pubblicamente presentato come schema di naturalizzazione che offre i vantaggi derivanti dalla cittadinanza dell'Unione, sfruttando perciò i diritti connessi a tale status per promuovere la procedura ivi disciplinata.

La sentenza nel caso Commissione c. Malta, intervenendo su un tema classico del diritto dell’Unione, introduce un nuovo importante principio che limita l’esercizio discrezionale della competenza degli Stati membri in materia di cittadinanza: la concessione della cittadinanza di uno Stato membro non può prescindere dalla preventiva verifica dell’esistenza di un “legame effettivo” tra il richiedente interessato e lo Stato poiché, coloro che non hanno alcun legame con lo Stato membro “non appartengono manifestamente alla categoria di persone che gli autori dei Trattati avevano inteso beneficiassero della cittadinanza dell’Unione, sarebbe in contraddizione con l’essenza stessa dello status di cittadino dell’Unione”. Nel ricordare i limiti all’esercizio della competenza nazionale, la sentenza conclude che i programmi di concessione della cittadinanza per investimento istituiti dalla Repubblica di Malta sono incompatibili col diritto UE in quanto contrastano con gli artt. 20 TFUE e 4, par. 3 TUE.

 

(Commento di Valeria Salese)