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Bumbeș c. Romania, N. 18079/15, CEDU (Quarta Sezione), 3 Agosto 2022

Bumbeș c. Romania, N. 18079/15, CEDU (Quarta Sezione), 3 Agosto 2022

Nel caso Bumbeș c. Romania, il ricorrente, sig. Bumbeș, noto attivista, era stato sanzionato per aver organizzato e partecipato a un’azione di protesta pacifica contro il progetto minerario Roșia Montană. In particolare, si era ammanettato a una barriera che bloccava l’accesso al parcheggio della sede del governo rumeno insieme ad altre tre persone. Le autorità nazionali avevano ritenuto che le sue azioni fossero illegittime, in quanto violavano la pace pubblica, l'ordine pubblico e le norme di convivenza sociale; inoltre, il sig. Bumbeș non aveva fornito il preavviso di tre giorni richiesto dalla legge rumena per organizzare una manifestazione. Egli si rivolgeva pertanto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, lamentando un’ingerenza nel suo diritto alla libertà di espressione e alla libertà di riunione.

 

La Corte si è soffermata, prima di tutto, sulla qualificazione giuridica delle doglianze del ricorrente. Ha osservato che i diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica sono fondamentali in ogni società democratica; essi sono fortemente interconnessi, giacché la tutela delle opinioni personali, garantita dall'art. 10 CEDU, è uno degli obiettivi della libertà di riunione, sancita dall'art. 11 CEDU. La Corte ha però ritenuto che il ricorso presentato dal sig. Bumbeș concernesse, essenzialmente, una presunta ingerenza nel suo diritto alla libertà di espressione: egli, infatti, era stato sanzionato per aver protestato contro le politiche del governo. I giudici europei hanno pertanto concluso di dover esaminare il caso ai sensi dell’art. 10 CEDU, interpretato alla luce dell’art. 11 CEDU.

Ritenendo che l’ingerenza nel diritto alla libertà di espressione del ricorrente fosse prescritta dalla legge e che perseguisse uno scopo legittimo, la Corte si è interrogata circa la sua “necessità in una società democratica” (ex art. 10§2 CEDU). Ha ribadito, innanzitutto, che la Convenzione lascia poco spazio a restrizioni del discorso politico o ai dibattiti su questioni di interesse pubblico, e ha evidenziato che le politiche del governo relative al progetto minerario Roșia Montană fossero senza dubbio di interesse pubblico. Riferendosi, poi, ai principi maturati nella sua giurisprudenza in tema di art. 11 CEDU, ha precisato che una situazione di illegalità, come quella derivante, secondo la legge rumena, dall’organizzazione di una manifestazione senza previa notifica, non giustifica di per sé un’ingerenza nel diritto alla libertà di riunione. In caso di manifestazioni pacifiche, le autorità pubbliche devono mostrare un certo “grado di tolleranza”, che dovrà essere definito in concreto, esaminando le circostanze del caso e, in particolare, l'entità della “perturbazione della vita ordinaria” effettivamente causata dagli eventi. A questo proposito, ha rimproverato alle autorità rumene di non aver valutato il livello di perturbazione generato dalle azioni del ricorrente. Esse si erano infatti limitate a osservare che il sig. Bumbeș non aveva rispettato l’obbligo di notifica preventiva e che le sue azioni avevano violato la pace pubblica, l’ordine pubblico e le norme di convivenza sociale. Sulla scorta di tali osservazioni, pur consapevole della modesta entità della sanzione imposta al ricorrente, la Corte ha poi ricordato che sanzionare chi esprime opinioni qualificabili come politiche può avere un effetto raggelante sul discorso pubblico.

 

Alla luce di quanto sopra, la Corte ha ritenuto che la decisione di limitare la libertà di espressione del ricorrente non fosse necessaria in una società democratica e ha riscontrato pertanto la violazione dell’art. 10 CEDU interpretato alla luce dell’art. 11 CEDU.