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Giurisprudenza in evidenza

Una raccolta, ordinata per anni, delle pronunce di maggior rilievo in materia di pluralismo

Beizaras e Levickas c. Lituania, N. 41288/15, Corte EDU (Seconda Sezione), 14 gennaio 2020

Beizaras e Levickas c. Lituania, N. 41288/15, Corte EDU (Seconda Sezione), 14 gennaio 2020

La Corte EDU si è occupata di hate speech di matrice omofobica esercitato in rete nel caso Beizaras e Levickas c. Lithuania dello scorso 14 gennaio 2020. La decisione costituisce un contributo fondamentale al dibattito giuridico in tema di pluralismo, libertà di espressione e protezione dall’incitamento all’odio sulle piattaforme virtuali. Il caso riguardava, infatti, discorso d’odio nei confronti di persone omosessuali su Facebook. I ricorrenti erano ricorsi alla Corte EDU lamentando la violazione del loro diritto al rispetto della vita private e familiar (articolo 8) in combinato disposto con il divieto di discriminazione (articolo 14), congiuntamente al diritto ad un ricorso effettivo. Il primo ricorrente aveva pubblicato sulla propria pagina Facebook una foto di un bacio tra lui ed il suo compagno, il secondo ricorrente. La foto era diventata ‘virale’, ricevendo più di 2,400 ‘mi piace’ e 800 commenti. Trentuno di questi commenti erano di contenuto d’odio e avevano come bersaglio la coppia in particolare e le persone LGBT in generale. Tra questi, ‘non sono solo gli Ebrei che Hitler avrebbe dovuto bruciare’, o ‘i froci’ devono avere ‘le proprie teste frantumate’ (paragrafo 10).

Le autorità domestiche non avevano fornito un rimedio effettivo alla denuncia dei ricorrenti (presentata dall’Associazione LGL). In primo luogo, il pubblico ministero della corte distrettuale non aveva ritenuto necessario avviare le indagini preliminari, sostenendo che, nonostante il comportamento degl* autor* dei commenti fosse ‘non etico’ ed ‘immorale’, questo non costituisse elemento di reato ai sensi del Codice penale lituano. La corte distrettuale aveva affermato che la foto di un bacio tra due uomini non contribuisse alla coesione sociale, né alla promozione della tolleranza, concludendo che quei commenti non fossero da considerarsi una forma di incitamento alla discriminazione. La corte regionale aveva respinto il ricorso.

 

La Corte EDU ha riscontrato una violazione del divieto di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, nel contesto della vita privata e familiare (articoli 8 e 14). Segnatamente, le attitudini discriminatorie delle autorità interne nell’adempimento del proprio obbligo positivo di esaminare la denuncia hanno costituito, secondo la Corte, una violazione del diritto dei ricorrenti ad un ricorso effettivo (articolo 13). Ponendo l’accento sul fatto che ‘il pluralismo e la democrazia si basano sul riconoscimento genuino ed il rispetto per la diversità’ (paragrafo 107), la Corte EDU ha concluso che la deterrenza contro aggressioni e minacce verbali di natura discriminatoria, diretti a ledere l’integrità fisica o mentale, deve servirsi di meccanismi efficienti di diritto penale.

 

(Commento a cura di Giovanna Gilleri)