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Focus

Uno sguardo d’insieme su alcune tematiche di specifico interesse per il pluralismo

L’esposizione del crocifisso scolastico al vaglio della giurisprudenza. Da contrassegno del confessionismo di Stato a forma di esercizio di una libertà “accomodante”

L’esposizione del crocifisso scolastico al vaglio della giurisprudenza. Da contrassegno del confessionismo di Stato a forma di esercizio di una libertà “accomodante”

Il 9 aprile 2021 (Cass. civ., SS.UU., n. 24414/2021), le Sezioni unite della Cassazione sono state chiamate a esprimersi, di nuovo, sul tema dell’esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane. La pronuncia, che si inserisce all’interno di un quadro giurisprudenziale articolato, tende a ergersi a suo definitivo coronamento, proponendo una composizione degli interessi coinvolti pienamente conforme al principio di laicità della Repubblica.

 

I contrasti che hanno caratterizzato, in passato, le decisioni dei Giudici italiani riflettono l’incertezza del quadro normativo che disciplina l’ostensione del simbolo. E invero, in difetto di una norma di legge che ne prescriva l’esposizione obbligatoria, la sua presenza è tutt’oggi prevista da fonti regolamentari risalenti al regime fascista (R.D. n. 965/1924 e R.D. n. 1297/1928), le quali lo includono tra le componenti dell’“arredo scolastico”. In ragione del loro rango “secondario”, i regolamenti sono sfuggiti al vaglio del Giudice delle leggi, il quale ha dichiarato inammissibile il relativo quesito di costituzionalità (Corte cost., n. 389/2004).

 

Per l’effetto, si è posta nel tempo una situazione di conflitto, apparentemente insanabile, tra quelle norme – prodotto di un sistema di stampo confessionista – e i canoni dell’ordinamento laico e pluralista. Messa a confronto con l’evidente aporia, la giurisprudenza italiana si è trovata a proporre, quindi, soluzioni contrastanti. Un primo orientamento – facente capo alla magistratura amministrativa – tendeva a negare l’esistenza di un autentico conflitto, ritenendo di poter di leggere, nel crocifisso, un assorbente valore culturale. Di converso, i Giudici ordinari opinavano che l’effige non potesse vedersi attribuito altro significato che quello di simbolo della religione cristiana.

 

La questione non ha mancato di interessare financo la Corte di Strasburgo (“caso Lautsi”), la quale, pronunciatasi nella composizione della Grande Camera, ha da ultimo statuito che la presenza del crocifisso nelle aule è inoffensiva rispetto alla sfera di coscienza degli alunni. Decisiva, a questo proposito, la valutazione del carattere “passivo” del simbolo e del suo inserimento in una realtà scolastica votata, nel suo complesso, al pieno rispetto del pluralismo e allo sviluppo dei discenti attraverso l’esercizio dei propri diritti di libertà di coscienza e di religione.

 

L’annosa controversia sembrava, pertanto, sopita. A motivare l’ulteriore, recentissimo, arresto della Cassazione è stata tuttavia l’esigenza di verificare la tenuta dei precedenti assunti allorché a dolersi della presenza del crocifisso fosse (non già un alunno, come in precedenza era quasi sempre accaduto, bensì) un insegnante. Il ricorrente, nel caso di specie, era stato sottoposto a una sanzione disciplinare per aver contravvenuto a un ordine di servizio del dirigente scolastico, che gli aveva imposto di attenersi alla decisione di un’assemblea di classe, la quale aveva deliberato, a maggioranza, che il simbolo venisse esposto.

 

La Suprema Corte coglie l’occasione per emanare una pronuncia di profondo respiro nomofilattico, che tenta di fornire all’interprete una chiave di lettura definitiva.

 

Ad avviso della Cassazione, non sussiste oggi, nell’ordinamento italiano, un obbligo di esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche: una soluzione alternativa si porrebbe inevitabilmente in attrito con il canone supremo della laicità della Repubblica. Le disposizioni regolamentari degli anni Venti, in questa prospettiva, dovrebbero invece prestarsi a una lettura costituzionalmente orientata, la quale consenta di dedurre – laddove in precedenza si leggeva un obbligo – una semplice “facoltà” di esposizione.

 

In questa prospettiva, la decisione inerente alla presenza del crocifisso viene pertanto rimessa in capo a ciascuna comunità scolastica, composta parimenti di alunni e docenti. La scelta, necessariamente “specificata” in ragione delle particolarità di ciascun caso concreto, dovrà essere rispettosa del metodo di un “ragionevole accomodamento”, che impone alla maggioranza, eventualmente favorevole all’ostensione del simbolo, di assecondare almeno parzialmente (per esempio influendo sul quando e sul quomodo dell’esposizione) le richieste della minoranza dissenziente. Ciò anche, all’occorrenza, affiancando al crocifisso i simboli di altre fedi religiose, al pari di quanto operato in altri contesti ordinamentali (un esempio è il c.d. “modello bavarese”).

 

Queste, in estrema sintesi, le coordinate per orientarsi nel complesso panorama offerto dalla giurisprudenza, del quale il presente Focus si propone di fornire quella che si spera essere un’utile silloge. Si offre altresì, a supporto dei case studies e senza alcuna pretesa di esaustività, una breve rassegna dell’ampia letteratura.

 

(Focus a cura di Andrea Cesarini)

 

Bibliografia essenziale

 

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