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Focus

Uno sguardo d’insieme su alcune tematiche di specifico interesse per il pluralismo

Discorso d'odio e giurisprudenza europea

Discorso d'odio e giurisprudenza europea

Il tema del discorso d’odio si fa strada in maniera sempre più prorompente a livello interno – negli Stati membri dell’Unione europea (ma anche in Paesi quali gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito e l’Australia) – e sovranazionale. A livello europeo si parla, infatti, di estendere la lista di reati inseriti nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) anche a quelle fattispecie soprannominate di “hate speech”, così insomma parificando tali ipotesi a quelle già presenti nel TFUE, particolarmente gravi, quali il traffico di esseri umani, la pedopornografia, il terrorismo internazionale. Come affermato dalla Commissione europea nel comunicato “A more inclusive and protective Europe: extending the list of EU crimes to hate speech and hate crime”, l’obiettivo è di stimolare una decisione del Consiglio di estendere la lista odierna di “EU crimes” presente all’articolo 83 TFUE alle ipotesi di hate speech e hate crime.

 

Numerose vicende di diritto interno hanno già interessato le corti europee in tema di discorso d’odio. Si pensi, ad esempio, alla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea che ha negato l’applicabilità dell’immunità parlamentare ai deputati del Parlamento europeo in tema di espressione di opinioni e voti nell’esercizio delle funzioni, alle dichiarazioni diffamatorie ritenute portatrici di un discorso d’odio (Mylène Troszczynski c. Parlamento europeo, Causa C-12/19 P, CGUE, Quarta Sezione, 17 settembre 2020). Molte pronunce si sono, poi, focalizzate sul tema del discorso d’odio quale potenziale precursore della commissione di azioni terroristiche, accettando limitazioni del diritto di espressione del pensiero laddove ciò sia necessario per prevenire l’incitamento all’odio terroristico.

 

Ciononostante, i confini della limitabilità del diritto di esprimere il proprio pensiero, sancito dall’articolo 10 CEDU, non sembrano così definiti nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Talvolta la propaganda a favore di azioni terroristiche è ritenuta legittima espressione del pensiero (Süer c. Turchia, n. 77711/11, Corte EDU, Seconda Sezione, 29 settembre 2020), talaltra si dice che la propaganda di idee contrarie a tendenze sessuali dei cittadini, ad esempio, non costituisce una forma legittima di manifestazione del pensiero anche quando non sia suggerito, all’interno della stessa, di commettere atti d’odio (Vejdeland e altri c. Svezia, n. 1813/07, Corte EDU, Quinta Sezione, 9 febbraio 2012).

Tra gli approdi giurisprudenziali di maggior rilevanza pare esservi l’idea che affermazioni e dichiarazioni destinate a incitare l’odio o la violenza sulla base di intolleranza, anche religiosa, non rientrano entro l’ambito di tutela offerto dall’art. 10 CEDU. Ne consegue, anche in questo caso, che questo diritto possa legittimamente subire serie limitazioni, dai contorni tuttavia tanto indefiniti quanto indefinita risulta la nozione di discorso d’odio e di crimini d’odio. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è, ad esempio, pronunciata a favore del ricorrente nel caso Gündüz c. Turchia (n. 35071/97, Corte EDU, Prima Sezione, 4 dicembre 2003) relativo al leader di una setta islamica che aveva incitato pubblicamente alla adozione a livello nazionale della Sharia, in sostituzione dei principi democratici vigenti nel Paese. Ciò, nonostante le manifestazioni di incitamento alla violenza che avevano già visto il soggetto condannato in precedenza dalle corti interne e nonostante il fatto che la Corte abbia poi affermato che non è ammessa alcuna ingerenza nel diritto alla libertà di espressione quando le opinioni non istigano all’odio o all’intolleranza, non rappresentano una minaccia per l’integrità territoriale o per la sicurezza pubblica e purché non vengano negati i principi democratici (Dmitriyevskiy c. Russia, n. 42168/06, Corte EDU, Terza Sezione, 3 ottobre 2017). Dall’altra parte, in un’altra pronuncia, la pubblicazione di fumetti che possono rischiare di causare una discriminazione per i contenuti a sfondo razziale è ritenuta dalla Corte una forma di discorso d’odio, pertanto legittimamente limitabile (Bonnet c. Francia, n. 35364/19, Corte EDU, Quinta Sezione, 25 gennaio 2022).

Analogamente, la Corte riconosce che contestare fatti storici come l’Olocausto non costituisce ricerca storica. Piuttosto, risulta essere una grave forma di incitamento all’odio e di diffamazione, e che pertanto il revisionismo è incompatibile con i valori della Convenzione e non gode di tutela ai sensi dell’art. 10 CEDU, in considerazione di quanto disposto dall’art. 17 CEDU (Garaudy c. Francia, n. 65831/01, Corte EDU, Quarta Sezione, 24 giugno 2003), a prescindere, dunque, dal concreto effetto che può provocare. Ciononostante, vi sono purtroppo eventi storici accaduti in Europa di portata analoga che rimangono contestati, tanto che non può nemmeno parlarsi di revisionismo o negazionismo: si pensi al genocidio armeno ad opera dell’Impero ottomano o a quello delle popolazioni slave del territorio ucraino durante il regime sovietico.

 

I pericoli della creazione di ipotesi di reato connesse al discorso d’odio e la loro parificazione, a livello europeo, a crimini particolarmente gravi, non possono essere sottovalutati in una realtà, quale quella dell’Unione europea, già di per sé poco rappresentativa della volontà popolare. Come accaduto per i crimini di terrorismo internazionale, la carenza di una definizione uniforme e specifica di “discorso d’odio” e del termine “crimini d’odio” sembrerebbe aprire la strada a un’applicazione del diritto penale contro fenomeni imprecisati e non univocamente individuati, provocando una grave incertezza del diritto, in contrasto coi principi fondamentali della Costituzione italiana e della maggior parte degli ordinamenti nazionali parte del sistema UE.

 

(Focus a cura di Lidia Autiero)

 

Bibliografia essenziale:

 

European Commission, A more inclusive and protective Europe: extending the list of EU crimes to hate speech and hate crime, Bruxelles, 9 dicembre 2021, [COM(2021)777]

 

European Commission, Combating hate speech and hate crime, disponibile online: https://ec.europa.eu/info/policies/justice-and-fundamental-rights/combatting-discrimination/racism-and-xenophobia/combating-racism-and-xenophobia_en

 

M. Gibson, Censored: How European ‘hate Speech’ Laws Are Threatening Freedom of Speech, in Ecclesiastical Law Journal, 2014, 234 ss.

 

P. Wolny, Holodomor: The Ukrainian Famine-Genocide (Bearing Witness: Genocide and Ethnic Cleansing), New York, 2017